Tua vivit imago - volume 2

L autore Virgilio la dolorosa condizione della sventura (nos patriae finis et dulcia linquimus arva, v. 3), che Virgilio descrive con tratti di pàthos solenne (vv. 64-78). Il modello teocriteo e l ideale del locus amoenus L ecloga I (e, dunque, l intero libro delle Bucoliche) si apre con il ritratto di un pastore adagiato all ombra di un albero (recubans sub tegmine fagi, v. 1; lentus in umbra, v. 4): un immagine che trasmette l idea di una condizione serena e protetta, come sottolinea l efficace scelta stilistica di tegmen (forma arcaica del più comune tegumentum, copertura ), che rimarca il concetto del rifugio protettivo. Questa condizione beata è meglio descritta ai vv. 51-58: Tìtiro può beneficiare del frigus opacum, lo spazio pastorale è chiuso dalla siepe (vicino ab limite saepes), protetto da una rupe (alta sub rupe) e si proietta soltanto verso l alto (a ria ab ulmo). Questo genere di descrizione rinvia al tòpos del locus amoenus: un motivo letterario incentrato sulla forte idealizzazione della natura come luogo piacevole, secondo criteri largamente stereotipati. A questa tradizione appartengono gli elementi dell ombra, della frescura, degli alberi, il cui fine è quello di delineare un paesaggio naturale convenzionale, da contemplare con i cinque sensi e che faccia da sfondo all otium del pastore-poeta. Certamente Virgilio aveva dei modelli a cui ispirarsi. Il più prossimo era senza dubbio Teocrito, del cui primo idillio si avvertono molteplici echi: in particolare, i vv. 1-2 dell ecloga virgiliana si lasciano accostare all incipit del testo greco, dove troviamo già l immagine di un pastore dedito al canto, inserito in un contesto agreste («Dolcemente, o capraio, quel pino, là, presso le fonti, / sussurra la sua canzone; dolcemente anche tu suoni / la zampogna , vv. 1-3, trad. B.M. Palumbo Stracca). La vera novità di Virgilio, però, è che il locus amoe nus non funge semplicemente da sfondo alla vicenda descritta, ma diventa esso stesso ideale filosofico dominante. Il concetto di cui il paesaggio si fa simbolo è che l otium letterario, come scelta di vita semplice e raffinata, può essere coltivato soltanto entro i confini protettivi di un contesto pacifico e stabile (deus nobis haec otia fecit, v. 6; Ille... ipsum / ludere quae vellem calamo permisit agresti, vv. 9-10). Soltanto godendo dei benefici della pace campestre e ricercando i piaceri più semplici offerti dalla natura si può raggiungere un equilibrio interiore e dedicare, quindi, la propria esistenza alla composizione di poesia disimpegnata. La triste condizione di Melibèo rappresenta l antitesi rispetto all ideale di vita propugnato da Virgilio. Lo sfortunato pastore è in fuga dalla sua terra (nos patriae finis / Nos patriam fugimus, vv. 3-4), toccato dagli eventi della storia in modo violento: le differenze rispetto alla sorte di Tìtiro sono marcate da un alternanza chiastica dei pronomi (tu nos Nos tu). La Roma che Tìtiro tenta di esaltare è un mondo distante dalla campagna idealizzata a cui lui può accedere e Melibèo no: è lo spazio della storia e della città. Il mondo pastorale di Tìtiro, invece, è quasi irreale: tratti tipici delle terre di Sicilia si confondono con elementi caratteristici dei paesaggi mantovani e delle catene montuose dell Arcadia. Uno stile alessandrino La descrizione del mondo pastorale di Tìtiro come luogo idealizzato, nel quale coltivare le umili attività di una vita semplice, dedita al lavoro dei campi e alla poesia, porta Virgilio a usare termini e nomi dell ambito rurale, con numerosi tecnicismi agricoli. Dietro l apparente semplicità delle forme, si coglie tuttavia una studiata elaborazione dei versi e soprattutto una forte tendenza alle simmetrie e agli equilibri strutturali interni: i primi cinque versi, per esempio, costituiscono con gli ultimi cinque un ideale struttura circolare. A questo si aggiunge la tendenza del poeta ad attribuire alle battute dei due pastori accorgimenti stilistici assai ricercati: metonimie (per esempio avena, v. 2), anafore con poliptoti (nos patriae Nos patriam, vv. 3-4), usi particolari di alcuni verbi (come resonare al v. 5, costruito transitivamente con silvas), espressioni del linguaggio sacrale (de caelo tactas quercus, v. 17). à Miniatura che ritrae Tìtiro e Melibèo in una pagina del Codex Vaticanus (o Vergilius Romanus) del V secolo. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana. 87

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea