Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO in breve soldato in II, 503-504: ruuntque / in ferrum), rendere più vivida una descrizione (lo sviluppo sinuoso del cucumis in IV, 121-122: tortusque per herbam / cresceret in ventrem cucumis) o dare movimento al racconto (l errore compiuto da rfeo durante la sua uscita dagli Inferi in IV, 491-493: Ibi omnis / effusus labor atque inmitis rupta tyranni / foedera ); le allitterazioni*, che ora servono a imitare le musicalità tipiche della pace campestre (mugitusque boum mollesque sub arbore somni, II, 470) o i suoni inquietanti dell Ade (turpi dilapsa cadavera tabo, III, 557), ora a rimarcare taluni concetti chiave (cantu com motae, IV, 471, che sottolinea il potere del canto di rfeo sul mondo degli Inferi); le apostrofi*, tratto tipico della sympàtheia del poeta rispetto alle vicende dei suoi personaggi, che troverà maggiore sviluppo nell Eneide (così per esempio in IV, 465, ove Virgilio invoca Eurìdice te, dulcis coniunx); gli ossimori* (come in III, 511, furiisque refecti / ardebant, ove l accostamento di refecti [ ristorati ] all antitetico furiisque ardebant [ ardevano nella loro follia ] sottolinea la violenza della peste); i versi aurei (abCAB; mitis in apricis coquitur vindemia saxis, II, 522) e argentei (abCBA; inter se adversis luctantur cornibus haedi, II, 526); le ipallagi* (biferi rosaria Paesti, IV, 119, ove l aggettivo bifer è concordato con Paes tum, ma si riferisce concettualmente ai rosaria), gli iperbati*, motivati non solo da ragioni metriche, ma anche da esigenze di pàthos (labor omnia vicit / impro bus, I, 145146), e le litoti* (nec tamen nihil impro bus anser, I, 118-119). Lo stile dell Eneide La nobiltà epica dell Eneide in equilibrio tra soggettività e oggettività La costrurisente della mescolanza zione formale dell Eneide risente fortemente della polifonia di voci che anima il poema. di empàtheia e Il soggettivismo stilistico è ottenuto mediante un raffinato gioco di spostamenti dal punto sympàtheia, ma ciò di vista di un personaggio all altro (empàtheia): il poeta fa in modo che il lettore osservi la non intacca la nobiltà realtà attraverso gli occhi di un eroe, ricorrendo a una specifica aggettivazione e ad attente e la maiestas tipiche di un poema epico. Non scelte lessicali. Uno degli esempi più efficaci si trova al v. 281 del quarto libro, quando Enea, mancano, infatti, epiteti, che ha appreso da Mercurio di dover lasciare Cartagine per volere degli dèi, ardet abire fuga similitudini, espressioni dulcisque relinquere terras («arde di fuggire e di lasciare le dolci terre , trad. L. Canali). Il verso formulari (ma utilizzate in chiave differente), tropi è emblematico: da un lato Enea è impaziente di obbedire all ordine divino (come sottolinea e figurae elocutionis in il valore metaforico di ardet, in allitterazione con abire); dall altro soffre all idea di lasciare gran numero. le terre per lui dolci . La descrizione è in terza persona e quindi a parlare è il narratore, ma la voce di quest ultimo sconfina nell io del protagonista, perché l aggettivo dulcis appartiene alla soggettività di Enea. A queste forze centrifughe , che spingono la narrazione verso i microcosmi dei singoli personaggi, fanno da contrappeso, come abbiamo già visto, gli interventi personali del narratore (sympàtheia): si pensi all osservazione dell autore in margine alla caduta di Eurialo e Niso: «Fortunati entrambi! Se i miei versi possono qualcosa, / nessun giorno vi sottrarrà mai alla memoria del tempo, / finché la casa di Enea abiti la rupe immobile del Campidoglio / e il padre romano abbia il potere , IX, 446-449 à T22). Questa invadenza diegetica, per quanto non epica, è però indispensabile nell Eneide per mantenere viva almeno una parvenza dell oggettività tipica dei poemi omerici. Empàtheia e symphàteia non depauperano comunque il testo della sua maiestas epico-tragica. Virgilio tende a conservare elementi tipici della dizione epica: epiteti (pius, bonus, pater, magnanimus, qualificanti Enea), arcaismi (quali immulgens, XI, 572, e iusso, XI, 467, indicativo futuro anteriore di iubeo = iussero; sono evitati, però, gli avverbi in -ter o i sostantivi in -tas e -tudo), patronimici (Anchisiades, figlio di Anchise , in V, 407; VI, 126 e 348; VIII, 521; X, 250 e 822), similitudini* (per esempio quella tra la Baccante e Didone in IV, 301 sgg.). 68

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Età augustea