Tua vivit imago - volume 2

GLOSSARIO posizioni subordinate ma manca della reggente oppure quando a una proposizione con un determinato soggetto se ne fa seguire un altra costruita sulla base di un soggetto diverso dal primo ma non esplicitamente indicato. bello Gallico di Cesare, si allude sempre alla Gallia Narbonese con il nome comune di provincia, poiché per antichità e ricchezza venne sempre considerata la Provincia per antonomasia (da cui, peraltro, il nome moderno di Provenza). Anadiplosi Ripetizione dell ultima parola di un verso o di una frase all inizio del verso o della frase successivi, al fine di sottolineare enfaticamente il termine e donare un effetto di concitata insistenza all enunciato. Così per esempio nella prima Catilinaria di Cicerone: Senatus haec intellegit. Consul videt. Hic tamen vivit. Vivit? Apò koinù Locuzione greca che significa letteralmente in comune e che indica la possibilità che un elemento dell enunciato possa trovarsi in rapporto di dipendenza grammaticale o semantica con due o più elementi compresenti. Così, nel verso iam modo iam possim contentus vivere parvo (Tibullo I, 1, 25), l aggettivo sostantivato parvo può logicamente riferirsi, allo stesso tempo, sia a contentus ( contento di poco ) che a vivere ( vivere con poco ). Anafora Ripetizione di uno o più termini all inizio di periodi (in prosa) o versi (in poesia) successivi, come per esempio: passer mortuus est meae puellae, / passer, deliciae meae puellae (Catullo 3, 3-4). Anastrofe Inversione dell ordine abituale di due termini, che si esplicita perlopiù nella posposizione della preposizione rispetto al termine a essa collegato. molto frequente in poesia per ragioni metriche. Ve n è un esempio nel seguente verso virgiliano: [...] ruit alto a culmine Troia (Virgilio, Eneide II, 290). Anticlimax à climax. Aposiopèsi Derivato dal greco aposiopào, tacere , indica la figura più nota come reticenza . Consiste nel sospendere improvvisamente un discorso, lasciando intendere al lettore o all ascoltatore ciò che si vuole dire senza comunicarlo in modo esplicito. Apostrofe Figura retorica per cui ci si rivolge direttamente a una persona o una cosa (personificata), solitamente interrompendo lo svolgimento del discorso. Antìfrasi Procedimento retorico che consiste nell utilizzare un vocabolo di senso opposto a ciò che si intende dire; quando l antìfrasi si estende a includere un intera locuzione o espressione, si definisce propriamente ironia (à). In ambito più strettamente compositivo, può anche indicare il riutilizzo di precedenti letterari, ribaltati di senso. Aprosdòketon Letteralmente inatteso , indica l apparizione improvvisa, alla fine di un componimento o di un discorso, di un elemento che per il lettore o l ascoltatore giunge totalmente inaspettato. Definito anche fulmen in clausula, in latino è particolarmente adoperato nella letteratura satirica ed epigrammatica (frequente soprattutto in Marziale), allo scopo di generare un effetto di sorpresa e smarrimento. Antitesi Accostamento di parole o locuzioni di significato opposto, o comunque concepite come alternative. Un evidente antitesi si trova, per esempio, nell efficace sententia senecana: Impares nascimur, pares morimur (Epistulae ad Lucilium XCI, 16). Quando a essere accostati sono due vocaboli di significato contrario si parla propriamente di antonimìa. Asindeto La successione di più membri di una frase o di un periodo senza l uso di congiunzioni coordinanti; contrariamente al polisindeto (à), produce un effetto incalzante. Per esempio: vastus animus immoderata, incredibilia, nimis alta semper cupiebat (Sallustio, De Catilinae coniuratione 5, 5). Antonimìa à antitesi. Antonomasia Tropo che si attua tramite la sostituzione di un nome proprio con una perifrasi o un nome comune, o viceversa, purché il collegamento logico fra i due elementi sia abbastanza evidente da permettere il riconoscimento. Così, per esempio, nel De Assonanza Generica somiglianza fonica fra parole contigue, non vincolata da schemi fissi, come per l allitterazione (à), o da coincidenze grammaticali, come per l omeoptoto (à) e l omeoteleuto (à); si parla propriamente di assonanza quando la somiglianza riguarda le vocali delle parole e di consonanza quando riguarda le loro consonanti. 659

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Età augustea