Le digressioni degli altri libri

L ET DI AUGUSTO in breve valore sempre più basso), ritrovandosi infine tra dolori e sofferenze. Secondo questa concezione, il lavoro sarebbe entrato nel mondo come punizione divina a seguito di una colpa da parte dell umanità (nella mitologia greca, l inganno di Prometeo). Democrito, Epicuro e Lucrezio avevano, invece, perseguito una visione più laica della storia dell umanità, improntata al razionalismo materialista, secondo cui gli uomini non avrebbero mai vissuto un età dell oro, ma fin da principio si sarebbero scontrati con una natura ostile, imparando nel tempo, con l invenzione delle arti e con la vita associata, ad addomesticarla e renderla meno sfavorevole alla vita. L interpretazione di Virgilio può essere considerata un tentativo di conciliazione di queste due diverse visioni del mondo: da un lato egli sottolinea, alla maniera di Lucrezio, la brutale durezza del labor umano, non soltanto faticoso (impro bus, I, 146), ma anche soggetto a potenziali fallimenti; dall altro continua a credere, alla maniera di Esiodo, a un disegno provvidenzialistico portato avanti da Giove, divinità attenta alle esigenze dell umanità e pronta a soccorrerla anche con mezzi apparentemente negativi, come l introduzione del lavoro. Le digressioni degli altri libri Le digressioni del secondo libro aprono una prospettiva più positiva: ai vv. 136-176 (à T8) è lodata l Italia per la ricchezza delle sue terre e per la mitezza del suo clima; ai vv. 458-540 (à T9) è elogiata la vita agreste, con l assimilazione dell esistenza dei contadini inseriti in un mondo idillico e distanti dagli affanni della città all imperturbabile autosufficienza dei filosofi. Con il terzo libro si torna al cupo pessimismo del primo: un primo excursus descrive gli effetti sconvolgenti del furor amoroso, sia per gli animali che per gli uomini (vv. 209-283); un secondo excursus (vv. 478-566) offre il quadro desolato della peste che colpì gli allevamenti del Nòrico (area alpina nord-orientale), a dimostrazione di come gli sforzi dei contadini, per quanto solerti e pazienti, possano essere vanificati in un istante dal sopraggiungere di calamità devastanti (à T10). Colori più vivaci recupera il quarto libro, ove la laboriosa società delle api, per natura portate a sacrificare ogni individualismo in nome della fatica e del lavoro collettivo, è vista come una società umana in miniatura: da qui la digressione, ai vv. 116-148, su un vecchio proveniente da Còrico, in Cilicia (à T11), che Virgilio riferisce di aver visto personalmente impegnato nella gestione di un modesto podere nei pressi di Taranto, reso dalla sua abilità di giardiniere ancora più produttivo (e quindi adeguato all ospitalità delle api). Ricorrendo alla tecnica L epillio di Aristèo e rfeo L excursus conclusivo del quarto libro merita una trattazione del racconto nel a parte per la sua estensione e per il suo valore rispetto al senso di tutto il poema. Conclusa racconto Virgilio narra l esposizione didascalica nei vv. 281-314, con l illustrazione della cosiddetta bugonìa, cioè lo la vicenda del pastore strano fenomeno della rigenerazione delle api dalla carcassa putrefatta di un bue, Virgilio Aristèo, al quale il dio Pròteo narra a sua volta inserisce una digressione sull origine mitica di questa pratica. L excursus assume la natura di la sventurata storia un vero e proprio epillio, incastonato nella narrazione mediante la tecnica alessandrina del di rfeo. Pur avendo racconto dentro il racconto , già usata da Catullo nel carme 64 per inserire la vicenda di diversi punti in comune, le vicende hanno esiti Arianna abbandonata all interno del racconto delle nozze di Pèleo e Teti. opposti e solo Aristèo La cornice dell excursus virgiliano è costituita dal racconto della storia del pastore Aripuò essere considerato stèo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, il quale vede perire le sue api a causa di una un modello di riferimento per l agricoltore e per malattia. Disperato, si rivolge alla madre, la quale lo esorta a chiedere aiuto al dio marino l uomo in generale. Pròteo. Da lui Aristèo apprende che le api sono morte per una sua colpa: egli, infatti, aveva involontariamente provocato la morte di Eurìdice, sposa del celebre cantore rfeo, quando un giorno l aveva inseguita per possederla; la donna, durante la fuga, era stata morsa da un serpente che le aveva procurato la morte. All interno di questo racconto ne è incastonato un altro: Pròteo ricorda che rfeo, all indomani della morte di Eurìdice, cominciò a cantare 58

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea