Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO esattamente l espressione che si usa per le persone strappate dalla morte ai propri cari). L intera elegia è, in effetti, scandita dal costante ricorrere di termini legati al concetto di vita e a quello di morte: in tal modo l effetto complessivo della rievocazione dell ultima notte è quello di un lungo compianto funebre. L elegia calata nel reale L elegia I, 3, pur nella sua specificità tematica, è emblematica della trasformazione che il genere elegiaco subisce nella raccolta e, in generale, nella poesia ovidiana dell esilio. Oltre al metro (il distico elegiaco), alla lunghezza (alcune decine di versi) e all assunto per il quale il poeta parla in prima persona, sono qui ripresi diversi temi, stilemi e moduli compositivi che erano propri dell elegia d amore: il motivo funerario, così frequente nel genere elegiaco; il lamento sulla propria condizione; il forte legame con la moglie. Nei Tristia, in particolare, assumono un ruolo di primo piano la rievocazione di un tempo passato e la costruzione del componimento come una serie di quadri che sfumano uno nell altro: due elementi che erano caratteristici della poesia di Tibullo. L operazione tentata con successo da Ovidio nei Tristia è proprio quella di recuperare quei temi e quelle soluzioni compositive proprie del genere, adattandole però a una situazione completamente differente e, in definitiva, assai più concretamente e dolorosamente reale di quanto avrebbe mai potuto essere una relazione amorosa: quello elegiaco è divenuto, insomma, un linguaggio con il quale si possono insegnare precetti d amore (nell Ars amatoria e nei Remedia amoris), si possono narrare, reinterpretandole in modo originale, le vicende del mito (nelle Heroides), ma si possono anche raccontare i propri drammi personali (nei Tristia e nelle Epistulae ex Ponto) e così, nell esprimerli, trovare un po di sollievo, perché «è qualche cosa alleviare con le parole i mali del destino , Tristia V, 1, 59. Mettiti alla prova Laboratorio sul testo - Comprensione Laboratorio sul testo ONLINE TRADUZIONI A CONFRONTO Prendi in considerazione i vv. 31-40 del passo che hai letto, che ti vengono proposti nella versione originale e nelle due diverse traduzioni di Gabriella Leto e di Francesca Lechi. Dopo aver letto con attenzione tutte le versioni, rispondi alle domande. «Numina vicinis habitantia sedibus, inquam, iamque oculis numquam templa videnda meis, dique relinquendi, quos urbs habet alta Quirini, este salutati tempus in omne mihi. 35 Et quamquam sero clipeum post vulnera sumo, attamen hanc odiis exonerate fugam, caelestique viro, quis me deceperit error, dicite, pro culpa ne scelus esse putet. Ut quod vos scitis, poenae quoque sentiat auctor: 40 placato possum non miser esse deo . Traduzione di G. Leto Traduzione di F. Lechi [ ] «O numi, disse, voi che in luoghi a me vicini abitate, e templi che ormai con i miei occhi non potrò più vedere, e dei da abbandonare, che l alta rocca di Quirino accoglie, questo che vi rivolgo è un saluto per sempre. E pur se troppo tardi, già ferito, mi armo dello scudo, tuttavia liberate dall odio la mia fuga, a quell uomo divino dite voi quale errore mi ha ingannato, così che nel mio fallo un misfatto non veda e ciò che voi sapete senta anche lui, l autore del castigo, e, placatosi il dio, io non sia più infelice . «Dei che vivete in questa dimora vicina dissi «templi che i miei occhi ormai più non vedranno, dei che albergate nell alta città di Quirino e che io devo lasciare, vi saluto per sempre; e anche se troppo tardi, dopo che già sono ferito, prendo lo scudo, togliete però al mio esilio il fardello dell odio, e dite al sovrano qual è l errore in cui sono incorso, perché egli non ritenga un atto deliberato quella che è solo una colpa, e perché quanto voi sapete giunga anche all orecchio di chi ha emanato la pena: se quel dio si placa, io ho la possibilità di non essere uno sventurato . a) Qual è la differenza più vistosa tra le due traduzioni proposte? b) Quale differente effetto producono le due diverse traduzioni di iamque oculis numquam templa videnda meis (v. 32)? E invece di caelestique viro, quis me deceperit error (v. 37)? c) Nel tradurre l ultimo verso, Gabriella Leto compie, a livello sintattico, una scelta originale rispetto al testo di Ovidio. Qual è questa scelta? condivisa dall altra traduttrice? 556

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Età augustea