Tua vivit imago - volume 2

L autore Ovidio Adstu pet ipse sibi vultuque inmotus eodem haeret ut e Pario formatum marmore signum. 420 Spectat humi positus geminum, sua lumina, sidus et dignos Baccho, dignos et Apolline crines inpubesque genas et eburnea colla decusque oris et in niveo mixtum candore ruborem cunctaque miratur, quibus est mirabilis ipse. 4 25 Se cupit inprudens et, qui probat, ipse probatur, dumque petit, petitur pariterque accendit et ardet. Inrita fallaci quotiens dedit oscula fonti! In mediis quotiens visum captantia collum bracchia mersit aquis nec se deprendit in illis! 430 Quid videat, nescit, sed, quod videt, uritur illo atque oculos idem, qui dec pit, incitat error. Credule, quid frustra simulacra fugacia captas? Quod petis, est nusquam; quod amas, averte re, perdes. Ista repercussae, quam cernis, imaginis umbra est: 4 35 nil habet ista sui: tecum venitque manetque, tecum discedet, si tu discedere possis. 418-424. Adstu pet mirabilis ipse La bellezza di Narciso è descritta, per come essa appare a lui stesso, in termini iperbolici e attraverso paragoni persino divini (i capelli, per esempio, gli sembrano degni di Bacco e di Apollo). Adstu pet: il verbo adstupeo significa stupire davanti a e regge il dativo (sibi). ut signum: come una statua (signum) scolpita nel marmo di Paro (Pario marmore) , il rinomato marmo bianco dell isola di Paro, una delle Cìcladi. humi: locativo ( a terra ). sua lumina: apposizione parentetica; potremmo tradurre quelle due stelle (geminum sidus) che sono i suoi occhi . et dignos et Apol line: il primo et è copulativo, il secondo significa anche . cunctaque miratur ipse: e ammira tutte le cose, per le quali lui stesso è ammirevole . Il verso riassume ed evidenzia il paradosso del ragazzo innamorato di sé stesso attraverso la figura etimologica miratur mirabilis (per cui la persona che ammira è la stessa che viene ammirata) e la ripresa del pronome ipse ( lui stesso ) con il quale la descrizione si era aperta al v. 418. 425-431. Se cupit incitat error Se cupit et ardet: alla figura etimologica del v. 424, seguono ora due poliptoti (probat probatur, petit petitur), preceduti e seguiti da due paradossi, il primo prodot- to dall accostamento del verbo cupio al pronome riflessivo in funzione di complemento oggetto, il secondo da quello di due verbi di significato opposto, accendo e ardeo, con lo stesso soggetto. Anche in questo caso le scelte stilistiche e le figure retoriche mirano a dare espressione formale al carattere eccezionale e, appunto, paradossale della situazione in cui si trova Narciso. Nota anche l insistita allitterazione petit, petitur pariterque. quotiens: quante volte ; le sue due occorrenze introducono due frasi esclamative. Costruisci così l intero verso: quotiens dedit inrita oscula fallaci fonti. In mediis in illis!: costruisci: quotiens mersit in mediis aquis (lett. in mezzo alle acque ; si può tradurre semplicemente nell acqua ) bracchia captantia ( che cercavano di prendere ; participio presente di capto) visum collum ( il collo che vedeva ) nec in illis (= in mediis aquis) deprendit se ( sé stesso ). quod videt, uritur illo: lett. arde [d amore] per quello che vede ; ma in latino l espressione è più incisiva ed esprime in modo efficace il punto di vista del protagonista (si potrebbe rendere: che cosa veda, non lo sa: ma ciò che vede, arde per quello ). atque error: costruisci: idem error, qui dec pit, incitat oculos (oculos è oggetto anche di dec pit). 432-436. Credule discedere possis In questi versi il narratore si rivolge direttamente a Narciso, cercando idealmente di scuoterlo dall illusione di trovarsi di fronte a un altra persona: è ricercato così un effetto patetico, sebbene sempre temperato dallo stile brillante, che continua a proporre, come nei versi precedenti, nuovi contrasti e paradossi, culminanti, al v. 436, nel paradosso, appunto, per il quale l immagine se ne andrebbe insieme a Narciso, se Narciso potesse allontanarsi (ma lui non vuole andarsene, per assurdo, proprio per non separarsi da quell immagine). Nota le insistite ripetizioni e anafore* che scandiscono l allocuzione del poeta a Narciso: quod petis quod amas, ista ista, tecum tecum tu, cui si aggiunge il poliptoto discedet discedere. quid: perché? . simulacra: immagini . nus quam: in nessun luogo, da nessuna parte . quod amas, averte re, perdes: lett. ciò che ami, voltati e lo perderai ; averte re è imperativo presente passivo con valore mediale di averto: il senso è se ti volti, lo perderai . Ista est: costruisci: ista, quam cernis, est umbra imaginis repercussae. nil habet ista sui: questa [immagine] non ha niente di suo (perché è un semplice riflesso di te). 523

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea