Tua vivit imago - volume 2

L autore Ovidio exsistunt montes et sparsas Cycladas augent. 265 Ima petunt pisces, nec se super aequora curvi tollere consuetas audent delphines in auras; corpora phocarum summo resupina profundo exanimata natant; ipsum quoque Nere a fama est Doridaque et natas tepidis latuisse sub antris; 270 ter Neptunus aquis cum torvo bracchia vultu exserere ausus erat, ter non tulit a ris ignes. 265-271. Ima petunt a ris ignes Ovidio descrive la reazione delle creature marine: i pesci si dirigono verso il fondo (nota l allitterazione petunt pisces), i delfini non osano più sollevarsi (nec se tollere audent) al di sopra della superficie del mare, le foche galleggiano (natant) morte (exanimata) sulla superficie. Anche gli dèi del mare (Nèreo, Dòride e le loro figlie, le Nereidi) vanno a rifugiarsi nei loro antri, divenuti anch essi tiepidi per il calore dell atmosfera, pur essendo situati nei recessi marini (ipsum quoque Nere a latuisse sub antris), e lo stesso Nettuno, il sovrano del mare, prova tre volte a uscire dall acqua, ma nemmeno lui sopporta il calore (a ris ignes, lett. i fuochi dell aria ). «L accumulo di sofferenze patite dal mare, insieme alla tradizione riguardante Nettuno, preparano il lettore [ ] a una reazione forte o almeno a un intervento da parte del dio: Ovidio crea un inaspettato decrescendo, finendo solo per mostrare l impotenza di Nettuno (A. Barchiesi). petunt pisces: allitterazione. latuisse: infinito perfetto. Analisi del testo Un altra catastrofe cosmica Le Metamorfosi si aprono con la creazione del mondo e la nascita della prima generazione umana, ma nel corso del primo libro e della prima parte del secondo l umanità e lo stesso creato vengono investiti da due enormi catastrofi, il diluvio universale (à T10) e l incendio causato da Fetonte. Si tratta di due veri e propri eventi apocalittici, il primo dei quali porta effettivamente alla morte di quasi tutte le creature viventi sulla terra; anche la seconda sciagura rischia di distruggere il mondo intero, ma è interrotta all ultimo momento dal provvidenziale intervento di Giove, narrato ai vv. 304-318 (dopo che comunque sono già state annientate intere città e nazioni, vv. 214216). Quella dell universo ovidiano è, dunque, una nascita inizialmente precaria: il mondo viene creato, poi viene distrutto, poi ricreato, poi rischia di essere nuovamente distrutto, e solo dopo questa seconda catastrofe il contesto si stabilizza e lascia spazio alle vicende degli dèi e dei mortali (nel frattempo, come abbiamo visto, già iniziate: vedi per esempio l episodio di Apollo e Dafne à T11 e T12, che si colloca tra il diluvio e l incendio). Nel contesto del racconto mitico questo piccolo ciclo di distruzioni e ricreazioni si deve a decisioni di Giove o (nel caso dell innesco dell incendio) di altri personaggi del mito, ma è possibile che, accanto al riferimento mitico, Ovidio abbia voluto dare espressione fantastica e poetica a un idea prettamente filosofica. In effetti, il passo qui proposto presuppone una ben precisa concezione filosofica, propria in particolare dello stoicismo, secondo la quale il mondo sarebbe sottoposto a una serie ciclica di distruzioni, dopo ciascuna delle quali rinascerebbe di nuovo. Tali distruzioni assumono, nel pensiero stoico, due forme diverse, quella del kataklysmòs (diluvio universale) e quella della ekpy`rosis (incendio cosmico): si tratta proprio dei due eventi apocalittici posti all inizio delle Metamorfosi. Un affresco apocalittico Come già nel caso del diluvio universale, anche qui Ovidio coglie l occasione offerta dall incendio del mondo per dare prova della sua arte poetica, dando vita a un lungo testo in cui la descrizione delle emozioni e delle reazioni di Fetonte si alterna a quella degli effetti della sua guida sull ambiente circostante: entrambe cariche, iperboliche, deformanti, quasi in termini moderni espressionistiche (tendenti, cioè, a un esasperazione espressiva che riflette il mondo interiore o il punto di vista dell autore o del protagonista). L esempio più evidente è quello dei segni zodiacali che divengono, agli occhi di Fetonte, dei mostri spaventosi, pronti ad aggredirlo. 517

Tua vivit imago - volume 2
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Età augustea