Intrecci letteratura - Deucalione e Pirra alla fine del

L autore Ovidio Tipica delle Metamorfosi è anche la chiusa eziologica (vv. 414-415), che esplicita il fatto che la trasformazione, avvenuta nel passato mitico, fonda, cioè stabilisce e insieme spiega, la realtà attuale e perpetua: in questo caso, la circostanza per la quale discendiamo tutti da uomini nati dalle pietre spiega come mai (Inde, «Per questo ) siamo una «razza dura e «usa alle fatiche . Vi è qui, seppur indiretta, un allusione anche a un altro elemento centrale dell esistenza umana: la necessità, per vivere, di lavorare e faticare, un elemento presente anch esso nel racconto biblico, ma in una fase precedente al diluvio, in coincidenza con la cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre (Genesi 3, 23: «Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto ). Mettiti alla prova Laboratorio sul testo ONLINE letteratura Deucalione e Pirra alla fine del mondo Nel romanzo Il mondo estremo (1988) di Christoph Ransmayr ( p. 557), quella di Deucalione e Pirra, che in Ovidio è una vicenda appartenente al più remoto passato mitico, diviene «la storia dell imminente fine del mondo, una rivelazione del futuro . In questa versione del racconto i due sopravvissuti al diluvio non nutrono speranze e non rivolgono alcuna preghiera agli dèi: quello di gettare i ciottoli da cui nasceranno i nuovi uomini è un gesto meccanico e noncurante, che Pirra comincia a compiere «con l espressione assente di una folle, il viso rivolto alle stelle ancora pallide , e la nascita della nuova generazione di uomini suscita nei due sopravvissuti una reazione di terrore di fronte allo «sterminato esercito di figure nude che sorge «muto e barcollante , con gli «occhi vuoti , emblema di una nuova, grottesca umanità. Il senso del racconto è qui, dunque, completamente rovesciato rispetto al modello ovidiano: la nascita di una nuova generazione di uomini è il frutto non della volontà degli dèi di ripopolare il mondo e salvare il genere umano, bensì della devastazione morale e affettiva che un evento apocalittico si è lasciato alle spalle, e che è metafora di scenari contemporanei (la nuova umanità allude certamente ai regimi totalitari del Novecento). Alla negatività assoluta propria della nuova umanità nata dalle pietre dopo il diluvio risponde il vagheggiamento, da parte dell Ovidio protagonista del romanzo, di una regressione all elemento naturale e alla stessa materia inorganica, vagheggiamento che si fa anche esplicito elogio della pietrificazione: «quale materia è dunque più idonea della pietra a sostenere almeno un presentimento di dignità inattaccabile, di durata, di eternità, la pietra sottratta alle vicissitudini rapinose del tempo, liberata da ogni morbidezza e da ogni sintomo di vita? [ ] Com era consolante e dignitoso il destino della pietrificazione paragonato al processo rivoltante, fetido, verminoso del deperimento organico [ ]; a confronto di tanta ripugnanza la pietrificazione appariva come riscatto, come grigio cammino nel paradiso dei ghiaioni, dei circhi glaciali e dei deserti. Lo splendore della vita, rapido come il passaggio di una meteora, non era nulla, la dignità e la durata delle pietre tutto . Nel romanzo di Ransmayr, dunque, la rinascita dell umanità dalle pietre scagliate dai due progenitori assume le sembianze di un incubo grottesco e sconvolgente; specularmente, il passaggio dalla vita umana all esistenza delle pietre è vagheggiato e perseguito come definitiva forma di liberazione: davvero non si potrebbe immaginare un rovesciamento più radicale (e più originale) del modello ovidiano. 507

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea