Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO 25 30 Tàntalo traditore del segreto è assetato in mezzo al fiume;10 di Niobe abbiamo fatto una roccia, di una fanciulla un orsa; l uccello cecropio piange Iti odrisio;11 Giove si trasforma in uccelli o in oro o solca le acque come toro, portandosi sul dorso la fanciulla.12 Perché ricordare Pròteo13 e i denti, semi tebani? 14 E che ci furono buoi, che vomitavano fiamme dalla bocca,15 e che le tue sorelle, o guidatore del cocchio, piangono lacrime d ambra sulle guance16 e che quelle che erano navi ora sono dèe del mare,17 e che il sole retrocesse per la terribile mensa di treo,18 e che le dure pietre obbedirono al suono della lira?19 La feconda libertà dei poeti corre all infinito e non lega le proprie parole alla fedeltà storica: anche la mia donna avrebbe dovuto apparire lodata falsamente; ora la vostra credulità mi danneggia. (trad. A. Della Casa) 10. Tàntalo in mezzo al fiume: Tàntalo aveva tradito gli dèi rivelando ai mortali i loro segreti e servendo loro a banchetto le carni del figlio Pèlope: era stato quindi condannato a patire in eterno, negli Inferi, la fame e la sete, immerso nell acqua e sovrastato da un albero carico di frutti che non poteva raggiungere. 11. di Niobe odrisio: allusione, rispettivamente, ai miti di Niobe (divenuta pietra per il dolore dopo che Apollo e Diana le avevano ucciso tutti e quattordici i figli), di Callisto (trasformata in orsa da Giunone per gelosia) e di Tèreo, Procne e Filomela (à T15), tutti narrati nelle Metamorfosi (rispettivamente nel sesto, nel secondo e ancora nel sesto libro). Iti, figlio di Tèreo e Procne, è detto odrisio, cioè della Tracia, dal nome dell antica popolazione che abitava quel territorio, mentre l «uccello cecropio è l usignolo, nel quale era stata trasformata l ateniese Filomela (o, secondo altre versioni, sua sorella Procne): Cècrope era infatti, secondo il mito, il primo re di Atene. 12. Giove fanciulla: riferimento alle trasformazioni di Giove rispettivamente in cigno (per sedurre Leda), in pioggia d oro (per raggiungere Danae) e in toro (per rapire Europa). 13. Pròteo: Pròteo è il dio marino che poteva trasformarsi in qualsiasi forma. 14. denti, semi tebani: sono quelli del drago ucciso da Cadmo: da essi erano nati dei guerrieri che si erano combattuti tra loro, e dai cinque superstiti avevano avuto origine i Tebani. 15. buoi dalla bocca: i buoi che Già sone, con l aiuto di Medea, aveva aggiogato per ottenere il vello d oro. 16. le tue sorelle sulle guance: allusione al mito di Fetonte («l Auriga ), che aveva voluto guidare il carro del padre, il Sole, ed era precipitato (à T13): le sue sorelle, le Eliadi, ne avevano pianto la morte e si erano trasformate in pioppi. 17. navi dèe del mare: la menzione delle navi (troiane) trasformate in dèe del mare (quindi in ninfe) allude a un episodio narrato nel nono libro dell Eneide. 18. sole di treo: treo, per vendicarsi del fratello Tieste con il quale la moglie lo aveva tradito, aveva fatto uccidere i suoi figli e gliene aveva servite le carni: il Sole, inorridendo di fronte a un tale misfatto, aveva invertito il proprio corso. 19. dure pietre della lira: sono le pietre con cui Anfìone, re di Tebe, aveva costruito le mura della città, facendole muovere al suono della lira. Analisi del testo Il definitivo rovesciamento dell elegia Uno degli aspetti principali del genere elegiaco, come è stato più volte sottolineato nella trattazione di Tibullo e Properzio, è la sua natura di poesia di corteggiamento che, all interno della finzione letteraria, persegue uno scopo ben preciso: conquistare la donna amata. In questo componimento, ancora una volta Ovidio rovescia le aspettative del lettore presentando una situazione esattamente opposta: nel suo caso, l attività poetica non ha avuto l effetto positivo di conquistare o mantenere l amore di Corinna; al contrario, ha fatto sì che quest ultima, resa ormai famosa proprio dalle poesie di Ovidio, sia diventata oggetto del desiderio dei suoi tanti lettori e abbia deciso di sfruttare la si- 480 tuazione a proprio vantaggio, divenendo l amante di molti e non più del solo Ovidio. Il poeta accusa, dunque, i propri versi di essere la causa dei suoi mali: an prosint dubium, nocuerunt car mina certe («Non so se le poesie servono, a me certo hanno nuociuto , rr. 9-10). Qui l accusa è formulata nel tono che è proprio degli Amores, leggero e non privo di (auto)ironia, ma la stessa idea sarà ripresa in tono drammaticamente serio nelle elegie dell esilio, dove Ovidio dichiarerà che le sue poesie, e in particolare l Ars amatoria, sono state la causa della tragica frattura nella sua esistenza, l esilio (cfr. Epistulae ex Ponto IV, 13, 41-42: carmina nil prosunt: nocuerunt carmina quondam / primaque tam miserae causa fuere fugae,

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea