Tua vivit imago - volume 2

L autore Ovidio lo sviluppare in modo brillante e originale un tema oppure, come in questo componimento, un genere letterario, rovesciandone i presupposti; e anche in questo caso nel finale torna in primo piano l io poetico, e l ironia diviene, dunque, anche e soprattutto autoironia. Scopo del poeta è, infatti, quello di ottenere un risultato miracoloso paragonabile a quelli conseguiti dalla Luna e da Giove per potersi intrattenere più del lecito, rispettivamente, con Endimione e con Alcmena; Ovidio, però, non è un dio, e infatti per lui il giorno arriva non più tardi del solito (nec adsueto tardius, v. 48). Il colpo da maestro è quello dell assimilare il farsi rosso del cielo all arrossire della dea, per la vergogna degli insulti ricevuti (vv. 47-48 e relativa nota): un aprosdòketon* (cioè una sopresa ) finale, sapientemente preparato dal poeta sin dall inizio del componimento. Non a caso, il primo (vv. 1-2) e l ultimo distico (vv. 47-48) si richiamano l un l altro, sia perché sono gli unici di carattere narrativo (tutto il resto del componimento è in discorso diretto), sia per la presenza di uno stesso termine (diem, v. 2; dies, v. 48) nella clausola dei due rispettivi pentametri: a sottolineare, così, l inevitabile arrivo del giorno (dies), nonostante tutti gli sforzi del poeta. L Aurora nella tradizione letteraria Si è detto che Ovidio tratta con estrema originalità il genere letterario dell inno; allo stesso tempo vengono qui ripresi temi e tòpoi relativi all Aurora o al sorgere dell alba ampiamente presenti nelle opere dei poeti greci e latini precedenti. Nel frammento 104 Voigt, la poetessa greca Saffo (VII-VI secolo a.C.) si rivolge a spero, la stella della sera (cioè il pianeta Venere), accostando e contrapponendo l astro all Aurora, e quindi l arrivo della sera al sopraggiungere del mattino: « spero, tutto riporti quanto disperse la lucente Aurora: riporti la pecora, riporti la capra, ma non riporti la figlia alla madre (trad. S. Quasimodo). Più vicino, per il tema, all elegia ovidiana è l epigramma 114 (libro XII dell Anthologia Palatina) di Meleagro, un poeta alessandrino vissuto a cavallo tra II e I secolo a.C.: «Astro mattinale, messaggero dell alba, salute! / Ma tu arriva veloce, stella del vespro, / riportando in segreto quella che mi rapisci (trad. G. Paduano). Sia Ovidio che Meleagro preferiscono la notte per potersi intrattenere con la persona amata: ma, al sorgere del giorno, il primo vorrebbe prolungare ancora un po la notte che sta finendo, mentre il secondo si augura che arrivi il prima possibile la notte successiva. Laboratorio sul testo COMPRENSIONE 1. Dopo aver tradotto il testo, suddividilo in sezioni in base al tema trattato in ognuna di esse, poi indica a quale/i di tali sezioni è affidato il motivo centrale del componimento. 2. Inserisci nella tabella le categorie di uomini e donne a cui il sorgere dell Aurora causa disagio e la motivazione del loro disappunto (l esercizio è avviato). Indica poi quali di questi casi il poeta non riesce a tollerare e perché. a) naviganti b) viandanti c) devono prendere le armi d) e) f) g) devono presentarsi all alba al Tempio di Vesta giureconsulti e avvocati h) 3. Una delle caratteristiche particolari di questo componimento è la dissacrante ironia con cui Ovidio tratta l Aurora (il poeta si sta pur sempre rivolgendo a una dea). Individua, per esempio, nel testo i passi in cui egli fa delle insinuazioni sul motivo che spingerebbe la divinità a sorgere, allontanandosi in fretta dal proprio letto. 477

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Età augustea