T3 LAT - «Dove corri, Aurora? Aspetta!»

L autore Ovidio T3 «Dove corri, Aurora? Aspetta! tratto da Amores I, 13 latino In questa elegia il poeta si rivolge all Aurora, lamentandosi del suo imminente arrivo, che gli impedirà di prolungare la propria permanenza nel letto della donna amata: le parole direttamente rivolte alla dea (allocuzione) occupano l intera elegia, a eccezione del primo e dell ultimo distico, che fungono da cornice. Metro: distici elegiaci Ia m su pe r o ce a nu m | ve n t a se n o re ma r to ve h t a xe d e m. fla va pru no so | quae Iam super oceanum venit a seniore marito flava pruinoso quae vehit axe diem. Quo prope ras, Aurora? Mane! Sic Memno nis umbris annua sollemni caede parentet avis! 5 Nunc iuvat in teneris dominae iacuisse lacertis; si quando, lateri nunc bene iuncta meo est. Nunc etiam somni pingues et frigidus a r, et liquidum tenui gutture cantat avis. Quo prope ras, ingrata viris, ingrata puellis? 10 Roscida purpurea suppr me lora manu! 1-2. Iam diem Iam venit: già viene . L avverbio iam ( già ) è, non a caso, la parola di apertura dell elegia, interamente dedicata a lamentare che l Aurora arriva (venit, al tempo presente) troppo presto. seniore: comparativo assoluto da senex; il vecchio marito da cui Aurora si allontana per portare il nuovo giorno è Titono, fratello di Priamo: secondo il mito, la dea aveva ottenuto da Giove che fosse immortale, ma non aveva chiesto per lui l eterna giovinezza, perciò Titono divenne con il tempo sempre più esile finché non ne rimase altro che la voce (e, infine, fu trasformato in cicala). flava diem: l Aurora, non nominata esplicitamente, è definita come la bionda (flava) che porta il giorno (quae vehit diem) sul carro coperto di brina (pruinoso axe) ; axis ( asse ) è una sineddoche* per carro . vehit: nota l assonanza con venit nell esametro, con i due verbi collocati entrambi all inizio, grosso modo, della seconda metà del verso. 3-4. Quo prope ras avis Mane: imperativo presente; il poeta prega l Aurora di fermarsi, ritardando così il suo arrivo. Sic avis: la preghiera è accompagnata, secondo un modulo abituale, da un augurio: quello che l uccello (avis) possa recare un offerta funebre (parentet, congiuntivo presente con valore desiderativo) ogni anno (annua, aggettivo femminile nominativo, è complemento predicativo di avis) alle ombre di Mèmnone (Memno nis umbris) con una strage rituale (sollemni caede). Memno nis: Mèmnone, re degli Etiopi, era il figlio di Aurora e Titono: era morto, ucciso da Achille, nella guerra di Troia e dalle sue ceneri erano nati degli uccelli che ogni anno, nell anniversario della sua morte, combattevano tra di loro in suo onore. Nota la struttura dei vv. 3-10, con l anafora* dell interrogativa retorica Quo prope ras (vv. 3 e 9) a incorniciare quella dell avverbio nunc (vv. 5 e 7). 5-6. Nunc iuvat meo est Ora mi piace (iuvat) giacere (iacuisse, infinito perfetto con valore di presente) tra le morbide braccia (in teneris lacertis, in iperbato*) della [mia] signora . si quando nunc: lett. se mai una volta [è stata ben congiunta al mio fianco], ora ; è quindi sottintesa, nella subordinata, la ripetizione della frase principale ( è ben congiunta al mio fianco ). L avverbio nunc è ripetuto tre volte (vv. 5-7), sempre in posizione di rilievo, cioè a inizio di verso o di emistichio, per sottolineare la volontà del poeta di godere a pieno e in modo totale delle piccole gioie quotidiane, così brevi e fugaci. 7-8. Nunc etiam avis Ora i sonni sono piacevoli (pingues) e l aria (atten- zione ad a r bisillabo) è fresca (sono sottintesi, rispettivamente, sunt e est); e l uccello con la gola sottile (tenui gutture) canta con voce cristallina (liquidum, neutro con valore avverbiale) . Sono qui ripresi, e trasferiti in un contesto domestico, alcuni elementi tipici del tòpos del locus amoenus, in particolare la frescura e il canto degli uccelli che conciliano il sonno. 9-10. Quo prope ras manu ingrata: l Aurora è qui definita sgradita agli uomini e alle ragazze perché, con il suo arrivo, interrompe le gioie della notte; nota l ulteriore ripetizione (ingrata ingrata, in epanalessi*) che, insieme a quelle già messe in luce nei precedenti versi, rende questi primi distici estremamente coesi dal punto di vista formale. Nota anche come nell esametro le pause sintattiche coincidano con quelle metriche, cioè con le cesure semiternaria e semisettenaria (Quo properas, | ingrata viris, | ingrata puellis?). suppr me manu: la preghiera di aspettare espressa al v. 3 (Mane) è qui variata dall invito a trattenere (suppr me, imperativo presente) le briglie coperte di rugiada (Roscida lora) con la mano color della porpora (purpurea manu). 473

Tua vivit imago - volume 2
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Età augustea