Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO Giovanni Tebaldi, La partenza di Ovidio per l'esilio, 1822. Milano, Accademia di Belle Arti di Brera. in breve Testo PLUS Il seme della follia Nel primo libro sono rievocati l ultima notte prima della partenza da Roma (à T20), il viaggio per mare verso il luogo dell esilio, l arrivo a Tomi e l impatto con la realtà e gli abitanti del posto; il secondo libro è un unica, lunghissima elegia (di ben 578 versi) rivolta ad Augusto, nella quale il poeta cerca di discolparsi dalle accuse che gli sono state mosse e che hanno decretato la sua condanna all esilio: la difesa, in particolare, dell Ars amatoria è anche l occasione per ripercorrere la storia della letteratura greca e latina, in una discussione di estremo interesse dal punto di vista metaletterario (cioè della letteratura che parla di sé stessa). Nel primo e negli ultimi tre libri, alle elegie in senso stretto, nelle quali Ovidio deplora la propria condizione di esiliato in un luogo barbaro e inospitale, si alternano epistole poetiche (sempre in distici elegiaci) indirizzate alla moglie, agli amici fidati rimasti a Roma (che il poeta spera possano aiutarlo a ottenere il perdono di Augusto e il ritorno dall esilio), e anche ad alcuni nemici , che cercano di approfittare della situazione, per esempio per impadronirsi dei suoi beni: né degli uni né degli altri vengono fatti i nomi, evidentemente per ragioni di prudenza (l autore sceglie di non mettere in difficoltà i primi e di non suscitare scandalo denunciando pubblicamente i secondi). In toni drammatici Un elegia del lamento Tema costante e dominante nei Tristia è il lamento del poeta sulla è espressa propria condizione: abbandonare Roma rappresenta per Ovidio motivo di disperazione, la disperazione poiché lì ha le amicizie e gli affetti, lì gode del successo come più famoso e importante del poeta per la poeta del tempo; ma ancor più devastante, se possibile, è per lui doversi rassegnare a vivere reclusione in un luogo remoto. nel posto più remoto di tutto l impero, in una città abitata da barbari con i quali non rie- sce neanche a comunicare, minacciata all esterno dalle tribù dei selvaggi che popolano il territorio circostante, nonché afflitta da un freddo glaciale. Così infatti la descrive Ovidio: a tinte tanto fosche che gli interpreti si sono sempre chiesti se e quanto la descrizione ovidiana sia esagerata, ai fini di una maggiore efficacia artistica oppure, più probabilmente, al fine di impietosire Augusto o chi poteva intercedere presso di lui. Con la scrittura dei Scopo e fortuna dei Tristia Scopo principale di questi componimenti, infatti, è quello di Tristia Ovidio spera ottenere il ritorno a Roma o, quanto meno, un luogo di esilio meno remoto e inospitale, di riuscire a tornare tanto che Ovidio dichiara di non avere alcuna ambizione artistica (sebbene l affermazione a Roma. Per non sia da prendere alla lettera, perché in realtà anche i Tristia, come tutte le altre opere del questo amplifica ed esaspera la sua poeta, sono il prodotto di una sofisticata cultura letteraria e di un attenta elaborazione artisofferenza. stica): «Se nelle mie raccolte ci fossero, come ci saranno, dei difetti, considerali giustificati, o lettore, dalle circostanze in cui furono composte. Mi trovo in esilio, e non cerco fama, ma sollievo, perché il mio animo non sia costantemente rivolto ai suoi mali (IV, 1, 1-4). Questo nuovo genere di poesia si limita, di conseguenza, a dare espressione e rispecchiamento all infelice condizione esistenziale del poeta: flebilis ut noster status est, ita flebile carmen, / materiae scripto conveniente suae, «lacrimevole è il mio stato, lacrimevole la poesia, in forma consona al suo contenuto (V, 1, 5-6, trad. F. Lechi; nota flebilis dal verbo fleo, piangere ). Con questa stessa espressione Ovidio aveva descritto la poesia elegiaca in Heroides 15, 7: Flendus amor meus est: elegi quoque flebile carmen, «Il mio amore deve essere pianto: anche i versi elegiaci sono un canto lacrimevole (trad. G. Rosati); e in effetti, nel volgere il genere ad affrontare argomenti tristi , il poeta sta, di fatto, tornando all antica, originaria natura dell elegia come poesia del lamento e del lutto (à p. 37). 456

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Età augustea