2. Paolo Fedeli • Orazio come poeta civile: un po’ di

BRANI CRITICI 35 40 45 fa sentire in particolari e sia pure isolate manifestazioni nell ambito di religioni tradizionali. Con queste riflessioni non voglio certo introdurre un invito alla religione; né voglio insistere sull attenzione che meritano le spinte alla liberazione reale dell uomo manifestatesi in forme religiose (oggi l attenzione non manca: c è se mai qualche pericolo di ambiguità). La fedeltà alla ragione laica e terrena resta la base necessaria per il dominio dell uomo sulla natura e per il progresso della giustizia nei rapporti fra gli uomini. Voglio, riprendendo il problema posto dalla morale laica di Orazio, far sentire quanta distanza ci divide da quel tipo di morale, che, ripeto, è una componente importante della morale antica ed europea. L interiorità autosufficiente che ci unisca agli altri con un legame essenziale è un valore tramontato: resuscitare Orazio come maestro di un arte di vivere sarebbe un gioco da professori o da esteti. L etica più avanzata di oggi ritrova un vincolo d amore con gli altri al di là dei miti di salvezza religiosa, ma anche al di là di un edonismo e razionalismo aristocratico. In questa ricerca, però, rileggere Orazio può essere utile se, oltre all orgoglio dell autàrkeia, se ne avvertono le incrinature, le contraddizioni, le inquietudini. (A. La Penna, Orazio e la morale mondana europea, Sansoni, Firenze 1969) Comprendere il PENSIERO CRITICO 1. La Penna individua tre vie su cui fondare i valori dell interiorità: la via socratico-platonica, la via stoica e la via democriteo-epicurea. Per che cosa si differenziano? 2. Che cosa intende il critico affermando che il messaggio oraziano è di «autosufficienza laica ? 3. Perché rileggere Orazio oggi potrebbe essere utile per riprendere consapevolezza di quella «interiorità autosufficiente che ci unisce agli altri con un legame essenziale (rr. 41-42)? 2. Paolo Fedeli Orazio come poeta civile: un po di chiarezza Orazio fu sempre restio a farsi cantore epico delle imprese di Augusto e delle gloriose iniziative del principato. Più volte egli riferisce di aver ricevuto pressioni da parte di illustri personalità, che lo invitavano a cimentarsi nella scrittura di poesie più impegnate e celebrative del potere, ma il poeta afferma di essersi puntualmente rifiutato. Una volta ricevuto, però, nel 17 a.C., il prestigioso incarico di comporre il Carmen Saeculare, Orazio non può più sottrarsi al ruolo di poeta ufficiale delle gesta del princeps. Da qui la composizione del quarto libro delle Odi, che sarebbe nato secondo quanto riferisce la Vita Horatii di Svetonio, soltanto in parte attendibile per ordine dello stesso Augusto, desideroso di vedere celebrate in versi le imprese dei giovani rampolli della famiglia imperiale (Druso e Tiberio). Per queste ragioni, lettori e studiosi di Orazio, nel corso dei secoli, hanno spesso accusato il poeta di servilismo: colui che fino al 13 a.C. circa era rimasto audacemente ancorato all ideale di una vita intima e raccolta, con il quarto libro delle Odi dimostrava di essere sceso a compromessi con il potere. Su questo delicato aspetto del percorso poetico di Orazio ha fatto chiarezza Paolo Fedeli, uno dei più autorevoli latinisti italiani, il quale ha inquadrato correttamente il problema del rapporto di Orazio con il potere nel paragrafo VI della sua introduzione all edizione del quarto libro delle Odi, intitolato Un giudizio difficile. Ne riportiamo alcuni passi. Sul IV libro delle Odi continua a gravare il giudizio severo dei molti che, in epoche diverse, hanno decisamente accusato Orazio di servilismo. Una parte importante dell accusa si fonda sulla divinizzazione di Augusto, che nei carmi è espressa in modo chiaro. [ ] Sembrerebbe 341

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea