Tua vivit imago - volume 2

L'ET DI AUGUSTO Analisi del testo Precetti per scrivere un opera originale Come Aristotele, anche Orazio considera Omero un modello assoluto di originalità: egli ha saputo far propria una tradizione comune (il racconto della guerra di Troia) ed è stato capace di rielaborarne con creatività gli aspetti migliori. Per elaborare adeguatamente la tradizione comune, raggiungendo così risultati originali, Orazio suggerisce di seguire alcune indicazioni, enucleabili in quattro precetti. Il primo (vv. 131-132) consiste in una esortazione a non raccontare per esteso i fatti nel loro insieme, specie se si tratta di vicende ben note e aperte a tutti. Il secondo precetto (vv. 133-134) è un invito a rifuggire dalla riproduzione fedele di un modello o da una sua traduzione parola per parola: questo suggerimento è di particolare rilievo, perché Orazio propugna una concezione moderna del verte re, cioè del tradurre , consistente in una personale e originale ricreazione del testo di partenza da parte dell interpres. Il terzo precetto (v. 135), legato al precedente, è quello di evitare l imitazione servile di un modello, perché si rischia di rimanere ingabbiati in un vicolo cieco da cui è poi difficile uscire. Il quarto e ultimo precetto (vv. 136-138) è un esortazione a non iniziare un opera preannunciando la trattazione di grandi temi, con promesse poi difficili da mantenere: soltanto in questo modo si potrà evitare la delusione dei lettori. Lo scriptor cyclicus Al v. 136 Orazio cita un «poeta ciclico greco, della cui opera non facilmente identificabile riproduce in latino l incipit* (v. 137): «Fortunam Priami cantabo et nobile bellum . Una possibile ipotesi di identificazione si trova nel commento antico dello Pseudo-Acrone: l idea che vi è esposta è che Orazio si riferisca qui ad Antìmaco di Colof ne, un poeta greco vissuto a cavallo fra il V e il IV secolo a.C., e che riproduca l incipit della sua Te baide, un poema epico in esametri di cui rimangono pochi frammenti, ma di cui possiamo ricostruire con buona approssimazione la trama, consistente verosimilmente nella narrazione estesa di tutta la saga tebana (dagli amori di Zeus ed Europa sorella di Cadmo, capostipite della famiglia di Laio e di dipo fino alle vicende di dipo stesso, allo scontro fra i suoi figli Etèocle e Polinìce, alla guerra dei Sette contro Tebe e alla seconda spedizione contro la città da parte degli Epigoni). 336 L ipotesi è sicuramente suggestiva, ma assai improbabile, poiché l incipit della Tebaide di Antìmaco è ben diverso dalla traduzione che ne proporrebbe Orazio al v. 137. D altronde, però, Orazio sembra riferirsi a un poeta ben preciso, come suggerisce anche la spia temporale costituita da olim al v. 136 ( un tempo ); sicché altri studiosi hanno pensato che Orazio traduca qui l esordio della cosiddetta Piccola Iliade, un altro poema del ciclo epico di cui rimangono pochi frammenti. Tuttavia, anche questa è una proposta destinata a rimanere nella sfera delle ipotesi. L unico dato sicuro è il difetto che Orazio vede alla base di quest opera epica alla quale allude: la folle ambizione di volere raccontare «la rovina di Priamo e «la famosa guerra , cioè tutta la guerra di Troia, diversamente dall assennato Omero, che ne aveva enucleato soltanto una parte. Alfons Mucha, La Poesia, 1898.

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Età augustea