Tua vivit imago - volume 2

L'ET DI AUGUSTO 15 20 a Ilerda.6 L ammonitore inascoltato si farà una risata, come colui che, adirato, spinse l asinello che dava poca retta tra le rupi:7 chi, infatti, si darebbe da fare a salvare chi non vuole? Anche questo ti aspetta, che la vecchiezza balbettante ti afferri mentre nei più lontani sobborghi te ne stai a insegnare l alfabeto ai fanciulli.8 Quando un tiepido sole ti avrà avvicinato un buon numero d orecchi, dirai9 che io, nato da padre liberto e in modeste sostanze, ho steso ali più grandi del nido, in modo che quel che sottrai alla mia nascita tu lo aggiunga alle mie virtù,10 e dirai che sono piaciuto in guerra e in pace agli uomini più importanti della città, con il mio breve corpo, canuto sul davanti, adatto al sole, rapido all ira, ma tuttavia in modo che mi si possa placare. Se per caso qualcuno ti chiederà la mia età, sappia che io ho compiuto quattro volte undici dicembri nell anno in cui Lollio si prese Lepido per collega.11 (trad. A. Cucchiarelli) 6. Utica Ilerda: Orazio immagina dapprima che il libro trovi rifugio a Utica, città africana non distante da Cartagine, celebre perché nel 46 a.C. vi si era tolto la vita M. Porcio Catone, simbolo del più strenuo e intransigente repubblicanesimo; poi prospetta al suo libro la possibile deportazione a Ilerda (odierna Lerida) nella Spagna Tarragonese: un altra città connessa alle guerre civili, perché nel 49 a.C. vi si erano scontrati gli eserciti di Giulio Cesare e di Pompeo. 7. L ammonitore inascoltato tra le rupi: Orazio continua a paragonarsi a un augure sempre più irritato, perché le sue profezie non vengono ascoltate; il suo destino è simile a quello del contadino di una favoletta che, incapace di ottenere l obbedienza del suo asino ostinatamente intento a camminare sull orlo del burrone decide di buttarlo giù lui stesso per la rabbia. 8. vecchiezza balbettante fanciulli: Orazio predice al suo libro che un giorno sarà usato da giovani allievi per imparare a leggere nelle scuole di qualche sobborgo (la «vecchiezza balbettante è quella degli anziani maestri): ben nota è la presenza di Orazio nelle scuole antiche, come ci testimoniano, per esempio, Giovenale e Quintiliano. 9. dirai: l epistola si conclude con una sphragìs ( sigillo ), cioè con una sezione in cui il poeta associa esplicitamente sé stesso al libro che sta congedando. Lo fa, in modo originale, affidando al libro il compito di ragguagliare i posteri sulla propria vita, tenendo conto di tutti gli aspetti costitutivi di una comune biografia antica: origini, status sociale; opere; aspetto fisico e indole; cronologia (in particolare, a proposito dell aspetto fisico, confronta questo autoritratto del poeta con la descrizione presente nella biografia antica derivata dal perduto De poetis di Svetonio à p. 217). 10. quel che sottrai virtù: se modeste sono le origini sociali di Orazio, ben più nobili sono le sue virtù. 11. quattro volte Lepido per collega: Orazio dice di aver vissuto 44 dicembri cioè di aver compiuto 44 anni nell anno del consolato di M. Lollio e Q. Emilio Lepido (21 a.C.). Analisi del testo La personificazione del liber In questa epistola conclusiva della raccolta, Orazio si rivolge direttamente al liber personificato. Già nell epistola XIII il poeta aveva manifestato la sua apprensione per i volumina che doveva congedare e consegnare al princeps per il tramite di un personaggio di nome Vinnio. Qui, invece, la circostanza è diversa: Orazio ha di fronte un liber che assume i tratti di un puer, desideroso di avventurarsi nel mercato librario (e non dentro una cerchia sicura e ristretta come il circolo di Mecenate), affrontandone tutti i rischi: l interesse iniziale per l opera; il possibile disprezzo da parte di un pubblico non addestrato ai principi di finezza stilistica seguiti da Orazio; l eventuale disinteresse da parte delle generazioni fu- 332 ture. Il motivo dell opera letteraria che, una volta portata a termine, vuole andare via per la sua strada, è già attestato in Cicerone, Epistole ad Attico 4, 8a, 3 («Circa la domanda che mi rivolgi sul mio poema [forse il De temporibus suis], che debbo fare se brama spiccare il volo? Tu che ne dici? Devo permetterlo , trad. C. Di Spigno); ma in Orazio più vivida è la prosopopea* del liber, coerente con «quella poetica della sorpresa , in cui gli oggetti si animano, che è così tipica delle Epistole (A. Cucchiarelli). Questa originale apostrofe al proprio libro ebbe subito larga fortuna nella poesia successiva: pensa per esempio ai congedi di Tristia I, 1 e III, 1 di Ovidio (à p. 436) oppure alle apostrofi più spiritose presenti in Marziale I, 3 e III, 2.

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Età augustea