Tua vivit imago - volume 2

Il contesto storico Dalla guerra civile al principato natori e della famiglia imperiale, compreso lo stesso Augusto, intento a celebrare un sacrificio con il capo velato, nelle vesti di pontefice massimo. A fianco dei due ingressi erano invece scolpiti quadri contenenti figure e scene allusive alle origini, alla potenza e alla perenne felicità di Roma: Enea che compie un sacrificio, anche lui con il capo velato, insieme al figlio Ascanio/ Iulo, capostipite della gens Iulia; la Lupa capitolina (oggi non più visibile) che allatta Romolo e Remo; la dea Tellus (personificazione della Terra) e la dea Roma, simboli, rispettivamente, della prosperità e del potere militare dell Urbe. In tal modo il presente della Roma di Augusto è affiancato e ricollegato al passato dei miti di fondazione e in particolare delle figure di Enea e Romolo e dei valori originari del popolo romano a cominciare dalla pietas , dei quali il princeps si propone in prima persona come esempio e modello: Augusto sfrutta così il potere delle immagini (secondo una celebre espressione usata in relazione alla propaganda augustea dall archeologo tedesco Paul Zanker) per presentarsi come l erede di Enea e di Romolo, come colui che ha rifondato la città dopo le guerre civili, come il salvatore della repubblica e il pacificatore dell impero. LE PAROLE DELL IMPERATORE lo stesso Augusto a raccontare, nelle Res gestae (12-13), la decisione con cui il Senato aveva decretato la realizzazione dell altare, ricordando subito dopo, significativamente, la chiusura del tempio di Giano, le cui porte rimanevano aperte in tempo di guerra: «Quando, sotto il consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia, dopo aver portato a termine con successo i programmi prestabiliti, il Senato decretò che per il mio ritorno dovesse essere consacrato l altare della Pace Augusta vicino al Campo Marzio, e ordinò che su di esso i magistrati, i sacerdoti e le vergini Vestali facessero ogni anno un sacrificio. Il tempio di Giano Quirino, che i nostri avi vollero rimanesse chiuso quando in tutto il dominio del popolo romano, per terra e per mare, fosse stata procurata la pace con vittorie, mentre, prima che io nascessi, dalla fondazione della Città si è conservata notizia che due volte in tutto era stato chiuso, tre volte sotto il mio principato il Senato decretò che si dovesse chiudere (trad. A.M. Ferrero). Fino a noi L ALTARE DELLA PATRIA Anche gli Stati moderni hanno i loro altari , concepiti per celebrare i valori nei quali il popolo o, a seconda dei casi, la classe dirigente si riconosce. Tra il 1885 e il 1911 venne edificato a Roma, per celebrare l Unità d Italia, il monumento a Vittorio Emanuele II, primo re d Italia: inaugurato da Vittorio Emanuele III il 4 giugno 1911 in occasione del cinquantenario dell Unità, accoglie, in cima a un ampia scalinata, l Altare della patria con la tomba del Milite ignoto, che commemora, nella forma simbolica di un unica salma tumulatavi il 4 novembre 1921, tutti i soldati caduti nel primo conflitto mondiale dei quali non si conosce il nome o il luogo di sepoltura. Le due epigrafi che riassumono il senso del monumento recitano, rispettivamente, PATRIAE UNITATI e CIVIUM LIBERTATI, cioè All unità della patria e Alla libertà dei cittadini , mentre i valori degli italiani sono rappresentati da sei gruppi scultorei, dedicati alla Forza, al Diritto, alla Concordia, all Azione, al Pensiero e al Sacrificio. Che cosa pensi di questi monumenti dal fortissimo significato simbolico e identitario? Sono un importante occasione, per un popolo, di sentirsi una comunità solidale e di identificarsi in un insieme di valori condivisi? Oppure si tratta di costruzioni retoriche destinate a giustificare, ammantandoli di concetti ideali, i reali rapporti e conflitti di potere, sia interni sia esterni ai singoli Stati? 31

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Età augustea