Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO Analisi del testo Una conversione alla religione? Le riflessioni gnomiche sviluppate da Orazio nei vv. 1-5 e 12-16 sul potere degli dèi sembrano suggerire una sconfessione, da parte del poeta, delle sue precedenti convinzioni epicuree e una sua adesione allo stoicismo. A ben vedere, però, tale interpretazione dell ode, diffusa già a partire da Porfirione (il commentatore di Orazio vissuto nel III secolo d.C.), si rivela fuorviante, perché altrove il suo atteggiamento di fronte agli eventi straordinari è sempre scettico (come, per esempio, nelle odi I, 2 e II, 13). In realtà l ode I, 34 risente di alcune correnti culturali, diffusesi in seno alla restaurazione augustea, che propugnavano un assimilazione, di probabile matrice stoica, fra Giove e la Fortuna e un interpretazione provvidenzialistica della storia che sostituisse all agire irrazionale della Tyche la guida consapevole di un dio. Possiamo quindi dire che nell ode I, 34 la reazione di Orazio è momentanea: se altrove egli invita a non chiedersi perché certi fenomeni accadano e a godere del presente (così nelle odi I, 9 à T12, e I, 11 à T13), in questo componimento, invece, egli ha voluto temporaneamente pensare all intervento superiore di un entità soprannaturale. Giulio Romano, La furia di Giove contro i Giganti, XVI secolo. Mantova, Palazzo Te. 304 Il lessico dell ode fra metafore marinare e reminiscenze esiodee Nella prima strofe Orazio ammette di essere stato sempre freddo e incostante nel venerare gli dèi e di essere stato maggiormente attratto da una stolta dottrina di pensiero che, pur non negando l esistenza delle divinità, le riteneva indifferenti alle vicende umane. Nel dichiarare, poi, di essersi accorto del suo grave errore e di voler tornare sui suoi passi, per recuperare la perduta pietas verso gli dèi, Orazio ricorre a efficaci espressioni mutuate dal linguaggio della navigazione: retrorsum vela dare (vv. 3-4) e iterare cursus relictos (vv. 4-5). Quest ultima espressione, in particolare, sottolinea l intenzione del poeta di voler ricominciare dal punto in cui era iniziata la sua deviazione, ma rimarca anche la fatica di chi tenda, fra ostacoli e incertezze, alla sfera del divino. La descrizione degli effetti del fulmine (vv. 9-12) è evidentemente iperbolica: è scossa tutta la terra, ne risentono i corsi dei fiumi, lo Stige, le sedi del Tartaro e la regione di Atlante agli estremi confini del mondo. Si coglie qui una chiara reminiscenza di Esiodo, Teogonia 839-843: «tuonò forte e terribile, e attorno la terra / tremendamente suonò, e il cielo ampio di sopra / e il mare e i flutti d Oceano e il Tartaro della terra. / E tremò il grande Olimpo sotto i piedi immortali / del signore che si levava alla guerra; la terra gemeva (trad. G. Arrighetti).

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Età augustea