Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO spem longam rese ces. Dum loqu mur, fuge rit invida aetas: carpe diem quam minimum credula postero. in uno spazio breve. Mentre parliamo, è già fuggito, invido, il tempo: godi del presente, confidando il meno possibile nel domani. (trad. O. Portuese) fuge rit: futuro anteriore che sottolinea come la fuga del tempo sia già avvenuta quando l uomo se ne rende conto e ne prende coscienza. carpe diem: è la più celebre massima di Orazio e, probabilmente, di tutta la poesia latina. L espressione è comunemente intesa come un invito a cogliere la giornata come un fiore , a godere del giorno come di un frutto . Tuttavia, prima di Orazio, carpo era un verbo assai raro e aveva un valore quasi esclusivamente traumatico: lacerare poco a poco , prendere a spizzico e, per traslato, staccare una giornata [dal tempo] . Tale sfumatura, meno nota, risuona anche nel verso di Orazio: al tempo che fugge (invida aetas), «bisogna strappare, giorno per giorno, il breve spazio dell oggi (A. Traina). Analisi del testo Motivi lirici e ammonimenti epicurei Il motivo centrale dell ode è la consapevolezza della fugacità del tempo, da cui scaturisce la risoluta esortazione del poeta a godere del presente e a rifuggire dall angoscia per il domani. Nella tradizione letteraria antica non è una novità che un poeta sottolinei la condizione caduca dell uomo: analoghi ammonimenti si leggono in Bacchilide (Epinicio 3, 78-84) e in Pindaro (Istmica 7, 39-42). Tuttavia la morale di Orazio risente anche della filosofia epicurea, alla quale risalgono l invito a sopportare tutto ciò che sarà (Ut melius, quic quid erit, pati, v. 3) e la condanna della mantica e dell astrologia (nec Babylonios / temptaris numeros, vv. 2-3), ben espressa nel fr. 395 Usener. Fugacità del tempo e fluidità sintattica La spiccata sensibilità del poeta per la breve durata della vita umana influenza la sintassi dell ode. Orazio sembra rifuggire da un periodare geometricamente oggettivo e ordinato, costruendo, invece, periodi in cui la temporalità è efficacemente manipolata. L esempio più significativo si trova ai vv. 7-8 (Dum loqu mur, fu ge rit invida / aetas: carpe diem quam minimum cre dula postero), dove l uso del futuro anteriore (fuge rit) rispetto all indicativo presente della proposizione temporale (Dum loqu mur) sembra inarcare e invertire la consequenzialità temporale tra presente e futuro, facendo di quest ultimo una realtà già passata rispetto al presente stesso. Uno sconvolgimento non solo temporale, ma anche spaziale: da qui la descrizione del mare d inverno in tempesta (vv. 4-5), dove il logorio delle acque che si rifrangono contro le rocce 298 (in un certo senso, metafora* dell angoscia che attanaglia l uomo e del tempo che ne consuma la vita) contrasta visivamente con la quiete raccolta e protettiva del simposio (luogo di temporanei e salutari oblii). I coriambi come minime unità concettuali L esortazione di Orazio a Leucònoe acquisisce una marcata tensione gnomica grazie all isolamento metrico di piccole unità di pensiero, coincidenti, pressoché sistematicamente, con singoli coriambi anticipati e seguiti da pause forti, oppure connotati da particolari figure di suono. Il gioco è evidente nei primi due versi: Tu ne quaesie ris, | scire nefas, | quem mihi, quem tibi / finem di dede rint, | Leuconoe, | nec Babylonios. Qui, oltre alla posizione di rilievo del primo coriambo (quaesie ris), occorre prestare attenzione alla costruzione dei coriambi successivi: il secondo è formato da due bisillabi scire e nefas la cui sacralità sembra sottolineata dall allitterazione* a cornice della s (scire nefas); il terzo coriambo è caratterizzato dall anafora* del pronome relativo (quem) e dall omeoptoto* di mihi con il successivo tibi, ma ancor più dall enjambement* che lo aggancia al v. 2, il cui primo coriambo di dede rint è a sua volta cadenzato dall allitterazione* di d; il quinto coriambo, infine, collocato nella parte mediana del verso, coincide con il nome stesso della destinataria dell ode (Leuconoe), offrendone un immagine, per così dire, viva e visiva. Alla stessa analisi si presta il prosieguo dell ode. Se nella prima parte del componimento (vv. 1-3) si delinea la pars destruens della parenesi oraziana,

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Età augustea