Tua vivit imago - volume 2

L autore Orazio in breve per formare il comparativo e multum per il superlativo; forme di perfetto in -e runt). Tratti di parlato si individuano anche nel rapporto fra sintassi e verso, che Orazio tende a spezzare con i numerosi enjambement*, dotati spesso di una funzione espressiva, specie se contribuiscono a produrre la parodia dell èpos. La patina popolare del sermo è bilanciata da una ricercatezza stilistica innovativa rispetto ai precedenti rappresentanti della satira. Ne è un segno il purismo, che spinge Orazio a evitare i grecismi. Ma la maggiore ricercatezza si coglie nella metrica. Tratti di solennità ricercati sono, per esempio, la collocazione di parole spondaiche all inizio del verso (umbras nella satira I, 5, 10 à T6; ibant nella satira I, 6, 75 à T7); l uso espressivo di parole lunghe, che limitano le cesure e conferiscono intensità al testo ( magnis e centurionibus orti, I, 6, 73); la realizzazione degli ultimi due metra del verso con una parola lunga (candidiores, I, 5, 10); la dotta costruzione di esametri per aggregazione di pochi sesquipedalia verba, cioè parole eccezionalmente lunghe (un esempio si trova nella satira I, 2, 1: Ambubaiarum collegia, pharmacopolae). Nelle Epistole la simulazione del parlato si fa più attenuata. Caratteristico è l esordio di alcune epistole, definito da Antonio La Penna «diversivo : Orazio apre la lettera con argomenti non direttamente legati al tema principale, ma riguardanti la vita privata del poeta; attenua la comicità, connotata adesso da considerazioni più mature che scurrili o parodiche; innalza il tono didascalico e protreptico (cioè esortativo), sia per il pàthos con cui sono affrontate certe questioni morali, sia per la deferenza mostrata verso i nobili destinatari. Il perfetto equilibrio delle Odi Con le Odi Orazio raggiunge un equilibrio stilistico straordinario nel dipingere atmosfere delicate e sentimenti di raffinata dolcezza e profondità. Non ricorre a un lessico ricercato; anzi, non si allontana dal sermo, neppure quando deve descrivere dettagli più scabrosi: per esempio Lidia si trova in solo angiportu, cioè in qualche vicolo desolato (I, 25, 10 à T14), e Lide è uno scortum, cioè una meretrice (II, 11, 21). Tuttavia il cesello distintivo delle Odi si coglie nella ricerca di connessioni lessicali inattese, di accostamenti inediti di parole comuni (come auream mediocritatem dell ode II, 10, 5 à T18), capaci di dare un senso nuovo alla frase o al verso (la cosiddetta callida iunctura, secondo una nota definizione dello stesso Orazio, contenuta nell Ars poetica ai vv. 47-48). Su questi preziosissimi mosaici lessicali e sulle sensazioni coinvolgenti e musicali che ne derivano si fonda il lirismo delle Odi. In qualche caso lo stile si fa più sostenuto e aulico: non mancano, infatti, parole desuete (aevum, duellum, adore a ecc.), neologismi con in- (inaudax, inlacrimabilis, inretortus ecc.), con -osus (beluosus, ulcerosus) o con prefissi (deproelians, recantatus) e composti epici (centiceps, centima nus ecc.), in virtù di una aspirazione al sublime che si fa più evidente nel pindarismo delle odi civili del quarto libro, espressione con cui si intende la tendenza di Orazio a mutuare, per l appunto, dal poeta greco Pìndaro (vissuto tra il VI e il V secolo a.C.) immagini solenni, forme espressive austere, gusto per l ampiezza monumentale dei periodi e per l audace libertà delle transizioni concettuali e sintattiche. Molto giovano all intima musicalità delle Odi alcuni accorgimenti metrici. La ricerca del modus, dell equilibrio morale, sembra tradursi nell annullamento di alcune variabili tipiche della metrica greca arcaica e nella stabilizzazione normativa di certe peculiarità prosodiche: per esempio il quarto elemento dell endecasillabo saffico è realizzato sempre con sillaba lunga. A questa organicità si aggiunge l uso di sesquipedalia verba già collaudato nelle Satire, soprattutto quando Orazio deve esprimere particolari sentimenti: nell ode a Postumo (II, 14 à T19) enaviganda (v. 11) costituisce più di metà del novenario alcaico e marca, con la sua estensione, la drammatica coscienza dell ineluttabilità della morte; allo stesso modo, nell ode conclusiva della prima raccolta (III, 30 à T20), al v. 4, l aggettivo innumerabilis copre la seconda metà dell asclepiadeo minore, e in enjambement rispetto al sostantivo che qualifica (innumerabilis / annorum series) esprime il senso della fuga del tempo. Nelle Odi Orazio mira a un equilibrio stilistico e musicale. L atmosfera è intima, delicata e raffinata. PLUS La callida iunctura 239

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Età augustea