T22 LAT - Eurìalo e Niso: la fine di Niso e la funzione

L autore Virgilio T22 Eurìalo e Niso: la fine di Niso e la funzione della poesia tratto da Eneide IX, 420-449 latino Dopo l uccisione dei suoi uomini, Sulmone e Tago (vv. 410-419), per mano di Niso, Volcente furioso decide di vendicare la loro morte: non scorgendo però Niso, autore del delitto, si scaglia contro Eurìalo e lo uccide, in una delle scene più dense di pàthos del poema virgiliano. Metro: esametri 420 v t a tro Sae x Vo lce ns | ne c te l co nsp c t u squa m Saevit atrox Volcens nec teli consp cit usquam auctorem nec quo se ardens immittere possit. «Tu tamen interea calido mihi sanguine poenas persolves amborum inquit; simul ense recluso ibat in Eurya lum. Tum vero exterr tus, amens, 425 concla mat Nisus nec se celare tene bris amplius aut tantum potuit perferre dolorem: «Me, me adsum qui feci, in me convertite ferrum, o Rutuli! Mea fraus omnis, nihil iste nec ausus nec potuit; caelum hoc et conscia sidera testor; 430 tantum infelicem nimium dilexit amicum . Talia dicta dabat, sed viribus ensis adactus transabiit costas et candida pectora rumpit. Volvitur Eurya lus leto, pulchroque per artus it cruor inque umeros cervix conlapsa recumbit: 435 purpureus veluti cum flos succisus aratro languescit moriens, lassove papavera collo demise re caput pluvia cum forte gravantur. 420-426. Saevit dolorem nec auc torem: costruisci: nec [Volcens] consp cit usquam auctorem teli. Volcente è disorientato come i suoi compagni; si infuria e non riesce a capire da dove sia stato sferrato il colpo. nec quo possit: proposizione interrogativa indiretta. Tu ta men amborum: Volcente è risoluto a uccidere Eurìalo e a fargli pagare il fio per entrambi. ense recluso: ablativo assoluto. exterr tus amplius: sconcertato, impazzito, Niso emette un forte grido, né può nascondersi più a lungo nelle tenebre . Niso non può più trattenersi ed esce allo scoperto: nota lo hy`steron pròteron, in virtù del quale le due azioni (quella di gridare e quella di non riuscire più a nascondersi) sono invertite. Celare è retto da potuit, come anche il successivo infinito perferre; amens significa pazzo, fuori di ! repetita iuvant p. 175 à sé , ed è formato da a privativo + mens. 427-430. Me amicum Me, me: accusativi esclamativi: me, me, sono io che ho agito , cioè che ho sferrato il colpo . ferrum: sineddoche* per indicare l arma. iste: è Eurìalo. caelum hoc testor: lett. chiamo come testimoni questo cielo e le consapevoli stelle . Niso cerca di richiamare l attenzione su di sé, chiamando a testimoni il cielo e le stelle per avvalorare la sua ammissione di colpa. tantum amicum: soltanto amò troppo lo sventurato amico . celebre questo verso virgiliano, che sembra configurarsi come un commento fuori campo dell autore. 431-437. Talia dicta gravantur sed adactus: ma la spada, spinta a forza, trapassò le costole . Volvitur recumbit: è poetica la descrizione della caduta di Eurìalo, che si piega alla morte (Volvitur leto), con il sangue che scorre lungo il suo splendido corpo (pulchroque cruor). purpureus veluti gravantur: costruisci: veluti flos purpureus cum, succisus aratro, languescit moriens aut papavera demise re (= demise runt) caput lasso collo cum forte gravantur pluvia, come un fiore purpureo quando, reciso dall aratro, languisce morendo, o come i papaveri chinano il capo sul collo stanco, quando sono gravati dalla pioggia . La prima similitudine* è rielaborazione di Catullo XI, 23-24: flos, praetereunte postquam / tactus aratro est, che Virgilio completa con l immagine, parimenti delicata, dei papaveri che cedono al peso della pioggia. Se da un lato il giovane è assimilato al mondo floreale, dall altro i fiori acquisiscono tratti umani (nota, infatti, la prosopopea* dei papaveri suggerita dal dettaglio del collo stanco ). 173

Tua vivit imago - volume 2
Tua vivit imago - volume 2
Età augustea