Tua vivit imago - volume 2

L autore Virgilio Iam tum religio pavidos terrebat agrestis 350 dira loci, iam tum silvam saxumque tremebant. «Hoc nemus, hunc inquit «frondoso vertice collem (quis deus incertum est) habitat deus: Arcades ipsum credunt se vidisse Iovem, cum saepe nigrantem aegida concuteret dextra nimbosque cieret. 355 Haec duo praeterea disiectis oppida muris, reliquias veterumque vides monumenta virorum. Hanc Ianus pater, hanc Saturnus condidit arcem: Ianiculum huic, illi fuerat Saturnia nomen . Già allora la paurosa santità del luogo atterriva gli agresti tremanti; rabbrividivano della selva e della rupe. «Un dio, è incerto qual dio, abita il bosco e il colle dalla vetta frondosa disse. «Gli rcadi credono di vedervi lo stesso Giove, che spesso scuote con la destra l egida nera e suscita i nembi. Inoltre vedi queste due fortezze dalle mura diroccate, reliquie e ricordi degli antichi. Il padre Giano fondò una rocca, l altra Saturno; una si chiamava Gianicolo, l altra Saturnia . minciò a far precipitare da qui i traditori della patria); 2) il Campidoglio, qui indicato al plurale, Capitolia, forse per meglio alludere ai vari templi che lo popolavano al tempo di Virgilio. aurea: enfatica la collocazione incipitaria dell aggettivo (concordato con Capitolia del verso precedente) e richiamante l occorrenza del medesimo aggettivo al v. 324. Alla luce di questo richiamo interno, il suo valore parrebbe anfibologico: da un lato lascia trasparire una velata condanna del lusso dell età contemporanea, che ha rinnegato la sacra povertà delle origini (quando il Campidoglio era ricoperto di cespugli); dall altro sembra rispondere a una prospettiva laudativa del poeta nei confronti del principato di Augusto, visto come promotore di un rinnovamento di quegli aurea saecula vissuti sotto il regime di Saturno. religio... dira loci: la terribile sacralità del luogo , fonte di timore per le popolazioni locali. tremebant: soggetto sono gli agrestes menzionati al verso precedente; nota la costruzione transitiva del verbo, nel senso di tremare davanti a , dunque temere . 351-354. Hoc nemus cieret quis deus incertum est: Evandro non sa con certezza quale numen governi il nemus del Campidoglio, ma conferma che è credenza degli rcadi che il luogo sia abitato dallo stesso Giove. Iovem cieret: la descrizione del dio è solenne e di sapore omerico: nota la menzione dell egida (dal greco àix, capra , qui con desinenza di forma greca), il celebre scudo rivestito della pelle della capra Amaltea, da cui Giove era stato allattato, e la descrizione del gesto tipico del dio (nimbos cieret, «suscita i nembi ), in cui si può forse cogliere un eco della formula omerica nefelegherèta Zèus («Zeus che raduna le nubi , Iliade I, 517, trad. G. Paduano). 355-358. Haec duo nomen Evandro mostra adesso a Enea le rovine di stanziamenti ancora più antichi, cioè il Gianicolo e la Saturnia (arx), che secondo Varrone (De lingua Latina V, 42) sarebbe l antica denominazione del Campidoglio stesso. Questi due stanziamenti sono descritti come due rocche murate (oppida), benché poco dopo Virgilio le descriva con il termine arx (v. 357), che sembrerebbe contraddire la prima qualificazione (poiché oppidum e arx non sono sinonimi). Non è l unica contraddizione di questa sezione del testo: se le due rocche sono state fondate l una da Giano, dio degli inizi (Hanc Ianus Ianiculum), l altra da Saturno (hanc Saturnus Saturnia), parrebbe insolito che il poeta le consideri non «reliquie e ricordi di dèi, bensì veterum virorum, cioè di uomini antichi . In realtà occorre guardare con cautela a queste presunte imprecisioni, trattandosi non di un testo storico-antiquario, ma di un testo poetico. La prima delle due apparenti contraddizioni può sanarsi facilmente se ammettiamo che Virgilio abbia voluto, per così dire, fotografare due diverse fasi storiche delle due rocche, e cioè quella attuale rispetto alla visita di Enea (che vede i due siti in forma di oppida diroccati) e quella più antica (che vedeva ancora tali oppida, al momento della loro fondazione divina, come arces). La seconda contraddizione è superabile se intendiamo veterumque monumenta priorum come riecheggiamento interno del v. 312 (auditque virum monumenta priorum) e soprattutto se ammettiamo con Servio che Virgilio possa qui aver fuso due diverse tradizioni relative a Saturno: quella originaria che considerava il personaggio un re del Lazio (quindi un vir, non un deus) e quella successiva che ha poi assimilato quest uomo al dio greco Krònos. 169

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Età augustea