Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO regnatorem Asiae. Iacet ingens litore truncus avolsumque umeris caput et sine nomine corpus. popoli e terre d Asia. Giace grande sul lido un tronco, il capo spiccato dal busto, e un corpo senza nome. (trad. L. Canali) Iacet ingens corpus: la descrizione della morte di Priamo si conclude con uno spostamento della scena dall altare di Zeus alla spiaggia (litore, ablativo di stato in luo go senza in, secondo un uso tipicamente poetico), dove giace il corpo del vecchio re decapitato. Già in età antica questo cam bio di scena aveva posto qualche difficol tà esegetica; viene in nostro aiuto, però, Servio, il quale osserva con grande finezza non soltanto che Virgilio potrebbe avere qui affiancato alla prima versione della morte di Priamo una seconda tradizione, in base alla quale il re sarebbe stato decapitato da Pirro presso la tomba di Achille sul promontorio Sigèo, ma anche che il poeta potrebbe aver voluto echeggiare l uccisione di Pompeo presso il lido di Alessandria nel 48 a.C. Analisi del testo La pietas di Virgilio di fronte alla morte Insisten do sull autopsia, cioè sulla visione diretta dell orrida morte di Polìte da parte del padre, e sulla descrizione dell assassinio dello stesso Priamo, perpetrata in un luogo sacro come l altare di Zeus Ercèo, il passo ha una coloritura inevitabilmente patetica. Diversamente da Omero, però, generalmente crudo e realistico di fronte a un tema così doloroso come la morte, Vir gilio è animato da un sentimento di profonda pietas. Lo possiamo evincere dall armoniosa architettura stilistica del brano, che alterna momenti di grande respiro formale a sequenze descrittive di grande con citazione. Nota per esempio come al v. 527 l anafora di per, unitamente all asindeto* (per tela, per hostis), descriva efficacemente il concitato susseguirsi degli eventi; un effetto ottenuto anche al v. 530 con l enfa tica geminatio di iam iamque, che sottolinea la dram maticità del momento ormai prossimo alla morte di Polìte. L imminenza di tale evento è prima prospetta ta, quasi icasticamente, dall enjambement di saucius al v. 529, che raffigura la solitudine di Polìte nella sua fuga; è resa quindi ancora più patetica al v. 530 dal chiasmo* manu tenet et premit hasta e dall insisten za incalzante sui dattili trisillabici che costituiscono il verso. Infine, la cruda tragicità della morte di Polìte è raffinatamente descritta con l ipallage* vitam cum sanguine fudit (v. 532), ove fudit ha come comple mento oggetto vitam, ma come oggetto logico l ablativo sanguine. Anche i giochi fonici contribuiscono alla valorizza 146 zione degli aspetti uditivi delle scene descritte: così l allitterazione della velare sorda ai vv. 538-539 (co ram cernere / fecisti) rimarca la durezza dell or rido spettacolo cui Priamo è costretto ad assistere; l allitterazione della nasale al v. 543 (meque in mea regna remisit) sottolinea il dolce ricordo della com passione che Achille usò nei confronti di Priamo nel restituirgli la salma del figlio Ettore; l allitterazione del la liquida al v. 545 (rauco quod prot nus a re repul sum) riproduce la sonorità del bronzo vibrato. Neottòlemo Pirro, la negazione della pietas e i Penates L entrata in scena di Neottòlemo Pirro al v. 526 è subito introdotta dal termine caedes (il mas sacro , la strage ): questo personaggio, privo di hu manitas, spregiudicatamente violento, sprezzante e sarcastico, nel presentarsi come l esatto opposto di Enea, si configura come negazione della pietas. A ben vedere, egli sembrerebbe avere ereditato quest indole ferina dal padre Achille, che in Iliade XII, 345-347 aveva rivolto parole violente al supplice Priamo: «Cane, non mi pregare per i miei ginocchi né per i genitori: / vorrei che mi bastasse l animo ed il furore / a tagliare il tuo corpo e a mangiarlo cru do, per quello che m hai fatto (trad. G. Paduano). Tuttavia, secondo un luogo comune della mentalità antica, che tendeva a cogliere una degenerazione progressiva nelle nuove generazioni rispetto ai ma iorum mores, il figlio si rivela peggiore del padre: se Achille, infatti, aveva infine ceduto alle preghiere di

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Età augustea