Tua vivit imago - volume 2

L ET DI AUGUSTO 510 mulcentem tigris et agentem carmine quercus: qualis populea maerens philome la sub umbra amissos queritur fetus, quos durus arator observans nido implumis detraxit; at illa flet noctem ramoque sedens miserabile carmen 515 integrat et maestis late loca questibus implet. Nulla Venus, non ulli animum flexe re hymenaei: solus Hyperboreas glacies Tanaimque nivalem arvaque Riphaeis numquam viduata pruinis lustrabat, raptam Euryd cen atque inr ta Ditis 520 dona querens; spretae Ciconum quo munere matres addolcendo le tigri e facendo muovere le querce con il canto: come all ombra di un pioppo un afflitto usignolo lamenta i suoi piccoli perduti, che un crudele aratore spiandoli sottrasse implumi dal nido: piange nella notte e immobile su un ramo rinnova il canto, e per ampio spazio riempie il luogo di mesti lamenti. Nessun amore o nessun connubio piegò l animo di rfeo. Percorreva solitario i ghiacci iperborei e il nevoso Tanai, e le lande non mai prive delle brine rifee, gemendo la rapita Eurìdice e l inutile dono di Dite. Spregiate dalla sua fedeltà le donne dei Cìconi, tigris: la menzione delle tigri, animali ine sistenti in Tracia, è funzionale soltanto alla descrizione di questa regione come pa esaggio ostile e selvaggio, assoggettato dal potere di rfeo. 511-515. qualis populea implet rfeo piange la perdita di Eurìdice come l usignolo la perdita dei suoi piccoli, strappati via dal la mano del contadino (detto durus arator perché reso duro dalla fatica). Il confronto istituito qui da Virgilio fonde due similitudini* omeriche: quella di Odissea XVI, 216-218, dove Odìsseo e Telemaco, nel riconoscersi, si abbandonano alla commozione, e quella di Odissea XIX, 518-523, dove Penelope paragona i suoi lamenti notturni al pianto dell usignolo per la morte del figlio. Sullo sfondo c è il mito di Procne e Filomèla, già trattato nell ecloga VI, 78-81 (à T4) e qui evocato con l uso metonimico di philome la. Rinviamo a p. 526 per un maggiore appro fondimento su questo mito, ricordando qui che le due sorelle Procne e Filomèla, figlie di Pandione, furono trasformate dagli dèi, rispettivamente, in rondine e in usignolo per essersi macchiate di una grave colpa: aver bandito a Tèreo, marito di Procne, le carni del figlioletto Iti, per punire la violenza che Tèreo aveva usato nei confronti di Filomèla. 136 populea: in luogo del genitivo di po pulus ( pioppo ), Virgilio usa, metri causa, l ag gettivo corrispondente. amissos queritur fetus: Virgilio spiega in Georgiche II, 207211 che il contadino disbosca il terreno per renderlo fertile e in quest opera di bonifica non si fa scrupolo di sottrarre agli uccelli le loro tradizionali dimore, cioè gli alberi. Ri spetto al secondo libro, però, Virgilio adotta qui il punto di vista degli usignoli, soffer mandosi sul loro dolore per la perdita dei propri rifugi e la morte dei più piccoli, non ancora in grado di volare via per mettersi in salvo. observans: esprime azione dura tiva anteriore ( avendoli spiati di continuo ) rispetto al perfetto detraxit. implumis: equi vale a implumes ed è predicativo rispetto a quos. noctem ramoque: rispettivamente, complemento di tempo continuato e com plemento di stato in luogo, entrambi con ellissi* della preposizione. 516-520. Nulla Venus quaerens Nul la Venus: la fedeltà che lega rfeo a Eurì dice, nonostante la donna non ci sia più, lo porta a rifiutare e a rifuggire qualsiasi altro amore. Venus equivale, per metonimia*, ad amor. flexe re: equivale a flexe runt. hymenaei: metonimia per indicare il ma trimonio. Imeneo era il dio delle nozze; il termine è poi passato a indicare il canto che accompagnava la sposa nel suo cam mino verso la casa dello sposo. solus: in posizione enfatica, come anche lustrabat. Protagonista è adesso la solitudine di r feo sullo sfondo di un paesaggio invernale. Hyperboreas glacies: gli Iperborei erano una popolazione del Nord. Tanaim ni vales: l odierno fiume Don. Riphaeis pruinis: i monti Rifèi, in Scizia. inr ta Di tis dona: il riferimento è al fatto che, no nostante gli dèi inferi avessero concesso a rfeo di riportare l amata Eurìdice nel mondo dei vivi, egli ha sprecato questa possibilità infrangendo i patti e perdendola dunque per sempre. 520-522. spretae Ciconum per agros spretae matres: perduta Eu rìdice, a cui però rimane fedele (quo mu nere, lett. per quella fedeltà , ablativo di causa che spiega il motivo per cui rfeo disprezza le altre donne), rfeo comin cia a ignorare ogni altra donna e questa sarà la causa della sua fine. «Le donne dei Cìconi , cioè di un popolo della Tracia meridionale, da lui disprezzate (spretae), lo condannarono, infatti, a una morte atro ce per smembramento: una pratica nota, nell ambito dei culti bacchici, con il termi

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Età augustea