T2 Il sommo bene secondo gli stoici e gli epicurei

Diverse visioni del mondo T2 Il sommo bene secondo gli stoici e gli epicurei Cicerone De nibus bonorum et malorum I, 29-30 e III, 20-21 In questi due passi tratti dal dialogo sui «termini estremi del bene e del male , nel quale prima espone e poi discute le più importanti dottrine filosofiche antiche, Cicerone presenta la concezione del sommo bene propria, rispettivamente, della scuola epicurea e di quella stoica: secondo Epicuro, il sommo bene si identifica con il piacere (voluptas); secondo gli stoici, invece, esso consiste nel vivere in modo «conforme a natura (secundum naturam) e nel ricercare «le azioni oneste e l onestà stessa (honeste facta ipsumque honestum). 5 10 15 20 25 Anzitutto condurrò la trattazione come piace al fondatore stesso di questa dottrina1: stabilirò l essenza e la qualità dell oggetto della nostra indagine, non perché pensi che voi l ignoriate, ma perché il discorso proceda con metodo ed ordine. La nostra indagine dunque verte su questo punto: quale sia l estremo ed ultimo bene; ed esso, secondo il parere di tutti i filosofi, dev essere tale a cui convenga riferire ogni cosa ed esso a sua volta a null altro si riferisca. Epicuro lo ripone nel piacere, che definisce come sommo bene, e come supremo male il dolore, e imposta la dimostrazione nel seguente modo. Ogni essere animato, appena nasce, tende al piacere e ne gode come di sommo bene, rifiuta il dolore come supremo male e per quanto può lo respinge da sé, e si comporta così quando non è ancora stato depravato, seguendo il criterio incontaminato ed intatto della natura stessa. Afferma pertanto che non v è bisogno di ragionamento né di discussione per capire il motivo per cui è da ricercarsi il piacere e da rifuggirsi il dolore. Ritiene trattarsi di sensazione, come per il calore del fuoco, il candore della neve, la dolcezza del miele. Nessuna di queste cose richiede una conferma mediante complessi ragionamenti, è sufficiente soltanto avvertirle. C è infatti differenza fra una argomentazione e conclusione logica e una modesta impressione e sensazione: l una disvela un qualcosa di nascosto e per così dire avviluppato, l altra giudica una realtà evidente e scoperta. Difatti, poiché se si tolgono all uomo i sensi non rimane più nulla, è necessario che sia la natura stessa a giudicare che cosa è conforme a natura o le è contrario. E all infuori del piacere e del dolore, qual è la percezione o qual è il giudizio su cui si fonda la natura per manifestare tendenza o riluttanza nei confronti di qualcosa?2 Fissàti adunque i principi fondamentali, in base ai quali si deve adottare per sé stesso ciò che è conforme a natura e analogamente si deve respingere ciò che le è contrario, il primo dovere3 (così rendo il greco kath kon) è di conservarsi nello stato di natura, poi seguire ciò che è conforme a natura e allontanare il contrario. Scoperta questa facoltà di scegliere e di respingere, la conseguenza immediata è una scelta fatta con dovere, poi continua, infine perfettamente equilibrata 1. fondatore dottrina: Cicerone si riferisce ad Epicuro. 2. E all infuori qualcosa?: ovviamente è una do- manda retorica: la natura non si fonda su nessun altra percezione e su nessun altro giudizio. 3. dovere: in latino officium. 9

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