Percorsi tematici Treccani

PERCORSI TEMATICI 15 20 25 30 35 40 so, forte e degno di tenere il primo posto nella vita pubblica, fuggirà e odierà, e si darà tutto allo Stato e non cercherà ricchezze o potenza, e lo governerà nella sua interezza in modo da provvedere a tutti; né susciterà mai odio od avversione contro alcuno con false accuse e così completamente aderirà alla giustizia ed all onestà, da inciampare anche nel modo più grave e da andare incontro alla morte anziché abbandonare quegli ideali che ho detto. Sciaguratissima è la ricerca e la contesa per le cariche pubbliche, di cui sta scritto meravigliosamente nello stesso Platone che «coloro che litigano fra di loro, circa chi abbia piuttosto a governare lo Stato, fanno il medesimo di quei marinai che si mettessero a contendere chi di essi dovesse tenere il timone .2 Il medesimo insegna ancora a «considerare nemici quelli che portano le armi contro, non coloro che a proprio giudizio ritengono di difendere lo Stato , così come fu la polemica priva di ogni durezza fra P. Africano e Q. Metello.3 Non bisogna dar ascolto a quelli che riterranno ci si debba adirare violentemente contro i nemici e lo crederanno proprio del magnanimo e del forte; nulla è più degno di lode, nulla più degno di un uomo generoso e grande della mitezza e della clemenza. Fra i popoli liberi, laddove sussiste l eguaglianza giuridica, il sapersi adattare ed il chiudersi, per così dire, in un prudente riserbo è buona pratica, per non cadere in suscettibilità inutili e che attirano odio se ci adiriamo con postulanti intempestivi o petulanti. Tuttavia la mansuetudine e la clemenza si devono tenere in tal concetto da poter fare ricorso anche alla severità a vantaggio dello Stato, non potendosene far a meno nel governo della città. Da ogni rimprovero e castigo deve però esulare l intenzione di umiliare, e ci si deve riferire all utilità non di chi punisce o redarguisce qualcuno, ma dello Stato. Bisogna anche far attenzione che la pena non sia superiore alla colpa, e che per i medesimi motivi gli uni siano colpiti, gli altri invece neppure redarguiti. Nella punizione bisogna tener lontana soprattutto l ira; mai infatti chi si accinge adirato a punire conserverà quella moderazione che sta fra il troppo ed il poco, che riscuote le simpatie dei Peripatetici4, ed a ragione, purché essi non facessero l elogio dell ira e non dicessero che essa utilmente è stata data dalla natura5. Bisogna invece ripudiarla sotto ogni aspetto, e sarebbe desiderabile che i capi del governo fossero simiglianti alle leggi, che sono indotte a punire non dall ira ma dalla giustizia. (trad. L. Ferrero) 2. «coloro timone : cfr. Platone, Repubblica, VI 488b: «marinai in lite fra loro per il governo della nave, che ognuno di essi reclama per sé senza avere mai imparato l arte della navigazione né essere in grado di dire sotto quale maestro e in quali circostanze l abbia appresa, anzi affermando che essa non si può insegnare, e pronti tutti ad uccidere chi affermi il contrario (trad. G. Lozza). 28 3. la polemica Q. Metello: allusione al conflitto politico tra Publio Cornelio Scipione Emiliano (detto anche Africano, ma da non confondere con il più noto Scipione Africano) e Quinto Cecilio Metello Macedonico: alla morte del primo, nel 129 a.C., il secondo aveva esortato i figli a rendergli onore portandone il feretro. 4. Peripatetici: i seguaci della scuola filosofica aristotelica, chiamata anche il Peripato (la passeggiata ) dal nome di quella parte del giardino del Liceo, ad Atene, nella quale Aristotele (IV secolo a.C.) teneva le sue lezioni e dove seguitarono a riunirsi e a discutere i suoi allievi. 5. purché natura: secondo la filosofia aristotelica le passioni, compresa l ira, non sono di per sé né buone né cattive, ma lo divengono nel momento in cui, rispettivamente, sono o non sono guidate dalla ragione.

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Educazione civica per la letteratura latina