T2 I doveri dell’uomo di Stato (Cicerone, De officiis I,

L individuo e la comunità dinanzi alla legge procede verso l uguaglianza sostanziale di quegli stessi cittadini l uguaglianza delle opportunità per poi avviarsi verso il difficile ma ineludibile ambito delle questioni relative all uguaglianza degli umani, senza confini di nazione. [ ] Può sembrare paradossale, ma la parola giustizia non può fare a meno della parola ribellione. (Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano 2010) FINO A TE Dopo aver letto attentamente il brano di Cicerone e quello del magistrato e scrittore Gianrico Carofiglio (n. 1961), evidenzia i punti comuni della loro riflessione sul concetto di giustizia e quelli in cui le considerazioni dei due autori divergono, alla luce della loro distanza temporale e culturale. Poi spiega in un breve intervento quale significato abbia oggi la parola giustizia per un ragazzo o una ragazza della tua età. T2 I doveri dell uomo di Stato Cicerone De officiis I, 85-89 Nel primo libro del De officiis Cicerone si sofferma sui principali doveri di «coloro che s accingono a governare uno Stato , prendendo a riferimento soprattutto il pensiero politico di Platone (428/427-348/347 a.C.), in particolare per come è espresso nella Repubblica, l ampio dialogo in cui il filosofo ateniese delinea il progetto dello Stato ideale. Nella prima parte del brano qui riportato, Cicerone definisce i due princìpi cardine dell agire politico: perseguire l interesse comune e non il proprio e curare il benessere di tutte le componenti della cittadinanza e non di una sola in particolare. La seconda parte contiene invece le riflessioni dell autore sul senso e i limiti dell azione repressiva e punitiva che chi governa lo Stato deve necessariamente mettere in atto contro coloro che ne violano le leggi. 5 10 Tutti coloro che s accingono a governare uno Stato dovrebbero osservare i due precetti di Platone: il primo, di mirare così al vantaggio dei cittadini, da rapportare ad esso tutto ciò che fanno, dimenticandosi dei propri interessi; secondariamente, di curare l intero complesso dello Stato, per non trascurare le restanti parti mentre ne tutelano una sola.1 Come infatti l ufficio di tutore, così l amministrazione dello Stato è da regolare nell interesse di coloro che sono stati affidati, non già di coloro che l hanno a sé affidata. E quelli che provvedono ad una parte dei cittadini, e l altra parte trascurano, introducono nello Stato un elemento rovinosissimo, la divisione e la discordia; donde deriva che alcuni sembrano democratici, altri fautori degli ottimati, pochi invero tutori di tutti quanti. Di qui nacquero presso gli Ateniesi gravi discordie, e nella nostra repubblica non soltanto rivoluzioni ma anche pestifere guerre civili; le quali il cittadino penso- 1. i due precetti una sola: cfr. Platone, Repubblica, rispettivamente, I 342e: «Perciò [ ] nessun altro [oltre al timoniere di una nave] con nessun altra autorità, in quanto capo, non cerca né impone il pro- prio interesse, bensì quello di colui al quale comanda e per il quale esercita la sua funzione. E a questo scopo, ossia all interesse e al vantaggio di quella persona, mirano tutte le sue parole e le sue azioni ; e IV 420b: «noi stiamo fondando lo Stato senza mirare a rendere particolarmente agiata una sola classe: a noi importa la prosperità dello Stato nel suo complesso (trad. G. Lozza). 27

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