T3 La filosofia di Orazio (Orazio, Epistulae I, 6, 1-16)

Diverse visioni del mondo FINO A TE A differenza di Cicerone, Natoli sostiene che «virtuoso [ ] non è colui che si conforma ad una legge, ma colui che sa diventare norma a sé stesso, che sa assumere su di sé e consapevolmente la sua finitudine . In un contesto sociale come quello attuale, in cui è difficile definire il concetto di limite e di libertà personale nel rispetto per l altro, come può essere interpretata questa frase? E come è possibile rendere la virtù «una conquista irrinunciabile degli uomini di oggi , e realizzare la creazione di una comunità di persone virtuose? Discutine in classe a partire da questi spunti di riflessione. T3 La filosofia di Orazio Orazio Epistulae I, 6, 1-16 Orazio attinge dalle varie scuole filosofiche greche con atteggiamento eclettico. All inizio dell epistola poetica a Numicio il poeta espone quella che è forse l idea centrale della sua visione filosofica, la necessità di «non meravigliarsi di nulla : un concetto attribuito, in questa forma, a Pitagora di Samo (il filosofo e matematico vissuto nel VI secolo a.C.), ma che era stato fatto proprio dalle principali filosofie ellenistiche. Gli epicurei parlavano, in particolare, di ataraxia ( imperturbabilità ), gli stoici di ap theia ( impassibilità ), ma entrambi si riferivano al distacco, inteso come indipendenza dell animo dagli eventi esterni, che è proprio del saggio e gli consente di raggiungere la felicità. In questo passaggio dell epistola I, Orazio dà espressione poetica, applicandolo alla vita quotidiana e sulla base della propria esperienza personale, a tale principio: «l esercizio del distacco, se può indirizzarsi ai grandi fenomeni della natura (vv. 1-5), tanto più deve rivolgersi alle mille passioni della vita umana, che rischiano di riempire la mente di immagini e turbamento: è giusto che ogni uomo segua le proprie inclinazioni, ma sempre evitando di farsi prendere troppo da esse. Addirittura la virtù stessa può divenire pericolosa, portando all infelicità, se la si persegue o non avendone davvero la capacità, o con smodata dedizione (A. Cucchiarelli). 5 10 Di nulla stupirsi è l unica cosa, si può dire, la sola, che possa renderti e conservarti beato, o Numicio.1 C è chi questo sole e le stelle e le stagioni che si avvicendano a intervalli definiti li osserva senza essere preso da alcun timore: che pensi dei doni della terra, che cosa dei gingilli del mare2 che arricchisce i lontanissimi Arabi e gli Indi, che cosa del plauso e dei doni dell amico Quirite,3 come bisogna guardarli, con quale pensiero e quale volto? Colui che teme il contrario di questi, si può dire che si stupisca allo stesso modo di colui che brama: in entrambi i casi c è l apprensione molesta, appena apparsa l immagine terrorizza entrambi. Che goda o si dolga, che brami o abbia timore, che cosa cambia, se, qualunque cosa abbia visto migliore o peggiore della propria speranza, resta intorpidito, cogli occhi sbarrati, nella mente e nel corpo? Il saggio si prenda il nome di folle, il giusto di iniquo, se ricerchi la virtù stessa più di quel che è giusto. (trad. A. Cucchiarelli) 1. Numicio: è il destinatario dell epistola: certamente un personaggio reale, ma non identificabile con sicurezza. 2. gingilli del mare: sono le perle e i coralli. 3. plauso Quirite: i Quiriti sono i cittadini romani: il riferimento è qui al successo nella carriera forense e politica. 11

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Educazione civica per la letteratura latina