Palestra per l’Esame di Stato

Classe IV 3. Prove di lingua e cultura latina e lingua e cultura greca ce né un giuramento spaventoso, ma tutti quanti, una volta che si trovassero in posizioni di superiorità, calcolando quanto fosse insperabile la sicurezza, si cautelavano dalle offese più di quanto non fossero capaci di fidarsi di qualcuno. E le persone dalla mente meno elevata di solito vincevano, ché temendo la propria inferiorità e l astuzia dei nemici, cioè di essere vinti dai discorsi, e di essere prevenuti nelle insidie dall astuzia della mente altrui, audacemente passavano all azione. Gli altri invece, pensando nel loro disprezzo di accorgersi in tempo delle offese e di non dover prendere coi fatti quello che si poteva prendere con l intelligenza, più di tutti cadevano indifesi. (trad. C. Moreschini) SECONDA PARTE: confronto con un testo in lingua latina, con traduzione a fronte Igitur domi militiaeque boni mores colebantur; concordia maxuma, minuma avaritia erat; ius bonumque apud eos non legibus magis quam natura valebat. Iurgia, discordias, simultates cum hostibus exercebant, cives cum civibus de virtute certabant. In suppliciis deorum magnifici, domi parci, in amicos fideles erant. Duabus his artibus, audacia in bello, ubi pax evenerat, aequitate, seque remque publicam curabant. Quarum rerum ego maxuma documenta haec habeo, quod in bello saepius vindicatum est in eos, qui contra imperium in hostem pugnaverant quique tardius revocati proelio excesserant, quam qui signa relinquere aut pulsi loco cedere ausi erant; in pace vero, quod beneficiis magis quam metu imperium agitabant et accepta iniuria ignoscere quam persequi malebant. Sed ubi labore atque iustitia res publica crevit, reges magni bello domiti, nationes ferae et populi ingentes vi subacti, Carthago, aemula imperi Romani, ab stirpe interiit, cuncta maria terraeque patebant, saevire fortuna ac miscere omnia coepit. Qui labores, pericula, dubias atque asperas res facile toleraverant, iis otium divitiaeque optanda alias, oneri miseriaeque fuere. Igitur primo imperi, deinde pecuniae cupido crevit: ea quasi materies omnium malorum fuere. Namque avaritia fidem, probitatem ceterasque artis bonas subvortit; pro his superbiam, crudelitatem, deos neglegere, omnia venalia habere edocuit. Ambitio multos mortalis falsos fieri subegit, aliud clausum in pectore, aliud in lingua promptum habere, amicitias inimicitiasque non ex re, sed ex commodo aestumare magisque voltum quam ingenium bonum habere. Haec primo paulatim crescere, interdum vindicari; post, ubi contagio quasi pestilentia invasit, civitas inmutata, imperium ex iustissumo atque optumo crudele intolerandumque factum. Dunque in pace, in guerra, erano onorati i buoni costumi: la concordia era totale, non esisteva cupidigia; in loro giustizia e onestà operavano più per disposizione naturale che per forza di legge. Liti, rivalità, contese erano riservate ai nemici; i cittadini gareggiavano tra loro in valore. Erano fastosi nei pubblici sacrifici, in casa parsimoniosi, fedeli con gli amici. Con due qualità amministravano se stessi e il paese, in guerra l audacia, l equità quando sopraggiungeva la pace. Di questo ho prove inconfutabili: in guerra chi aveva combattuto con il nemico nonostante gli ordini contrari, o si era ritirato troppo tardi dalla battaglia, benché richiamato, veniva punito più spesso di chi 99 Classe IV All inizio della monografia dedicata alla congiura di Catilina, Sallustio, dopo aver delineato il ritratto morale del protagonista, apre un ampia digressione (capp. 6-13) dedicata alla storia antica del popolo romano. In particolare la ricognizione di Sallustio si concentra sulla contrapposizione tra la società dei primi secoli caratterizzata dal senso di appartenenza alla comunità e dallo spirito di sacrificio e quella moderna corrotta dall avidità di denaro e di potere.

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Preparazione alla prova di indirizzo del liceo classico