Antologia della Divina Commedia

CANTO VI Paradiso 87 diventa in apparenza poco e scuro, se in mano al terzo Cesare si mira con occhio chiaro e con affetto puro; [85-87] diventa allo sguardo (in apparenza) poco e insignificante (scuro) se si guarda (mira) con occhio non annebbiato (chiaro) e con un sentimento (affetto) non inquinato (puro) [a ciò che compì] in mano al terzo imperatore (Cesare); 90 ché la viva giustizia che mi spira, li concedette, in mano a quel ch i dico, gloria di far vendetta a la sua ira. [88-90] dal momento che (ché) la giustizia vivente (viva) che mi ispira (spira) gli (li ) concedette, nella mano di quel che io (i ) dico, la gloria di compiere (far) la vendetta per la sua ira. 93 Or qui t ammira in ciò ch io ti replìco: poscia con Tito a far vendetta corse de la vendetta del peccato antico. [91-93] E adesso (Or) qui stupisciti (t ammira) per quello (in ciò) che io ti aggiungo (replìco): successivamente (poscia) con Tito corse a compiere (far) la vendetta della vendetta del peccato originale (antico). 96 E quando il dente longobardo morse la Santa Chiesa, sotto le sue ali Carlo Magno, vincendo, la soccorse. [94-96] E quando i feroci Longobardi (il dente longobardo) assalirono (morse) la Santa Chiesa, Carlo Magno la soccorse, vincendo, sotto le sue ali [dell aquila imperiale]. 99 Omai puoi giudicar di quei cotali ch io accusai di sopra e di lor falli, che son cagion di tutti vostri mali. [97-99] Ormai puoi esprimere un giudizio (giudicar) su quelli (di quei cotali ) che io prima (di sopra) ho accusato (accusai) e sui loro peccati (falli ), che sono la causa (cagion) di tutte le vostre sofferenze (mali). 102 L uno al pubblico segno i gigli gialli oppone, e l altro appropria quello a parte, sì ch è forte a veder chi più si falli. [100-102] L uno oppone al simbolo universale (pubblico segno) [il sacrosanto segno] i gigli gialli e l altro se ne (quello) appropria per un partito (a parte), così che (sì ch ) è arduo (forte) distinguere chi pecca (si falli ) di più. 105 Faccian li Ghibellin, faccian lor arte sott altro segno, ché mal segue quello sempre chi la giustizia e lui diparte; [103-105] Compiano (Faccian) pure i ghibellini, compiano (faccian) le loro imprese (arte) sotto un altro simbolo (segno), dal momento che (ché) sempre segue male quel (quello) [simbolo] chi separa (diparte) la giustizia e lui; 86. terzo Cesare: l imperatore Tiberio Claudio Nerone (42 a.C.-37 d.C.) fu un valente generale; fu adottato da Ottaviano Augusto nel 4 d.C. e salì al trono nel 14. Sotto il suo governo fu crocifisso Gesù. 88. viva giustizia: Dio che incarna anche la giustizia che vive in eterno. 90. vendetta a la sua ira: con Tiberio l aquila ottenne la gloria di vendicare, attraverso il supplizio di Cristo, il peccato originale, compiendo la giustizia divina. 91-93. Or antico: l aquila, sotto l imperatore Tito, rivendica (far vendetta) la giusta punizione per il peccato originale. Infatti Tito Flavio Vespasiano, imperatore romano dal 79 all 81 d.C., nel 70 d.C. assediò, conquistò e distrusse Gerusalemme, provocando la diaspora del popolo ebraico, che la cultura medievale riteneva responsabile della crocifissione di Gesù. 94-96. E quando soccorse: mediante un espressiva metafora* (il dente longobar- do morse) e con un salto di sette secoli, Giustiniano introduce lo scontro tra i Longobardi e Carlo Magno per il possesso della penisola italiana. Nato nel 742, Carlo Magno fu dal 751 re dei Franchi. Nel 773 discese in Italia contro i Longobardi di Desiderio per soccorrere papa Adriano I; dopo la vittoria, nell 800, fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero da papa Leone III. Morì ad Aquisgrana nell 814. Dante lega in un unico disegno della Provvidenza le sorti dell Impero romano e quelle del Sacro Romano Impero germanico. 97-99. Omai mali: Giustiniano conclude la storia dell aquila imperiale ritornando alla dolorosa contemporaneità, già adombrata ai versi 31-33; Dante stesso, consapevole della somma giustizia dell operato divino, può adesso comprendere le colpe di coloro che provocano la rovina del presente. 100-102. L uno falli: Giustiniano condanna apertamente la politica delle due fa- zioni politiche più potenti dell epoca di Dante: i guelfi e i ghibellini. I primi oppongono al pubblico segno, cioè al vessillo dell aquila, i gigli d oro, stemma del re di Francia, e quindi, per metonimia*, della casa reale francese; il forte enjambement* tra i versi 100-101 rafforza l opposizione espressa dal verbo. I ghibellini, invece, vicini al potere imperiale, si appropriano del segno per farne simbolo di parte. 103-108. Faccian vello: Giustiniano passa ora a scoraggiare i ghibellini dall associare la propria attività politica al segno dell aquila: chi infatti lo dissocia dal concetto di giustizia ne fa uso nel modo sbagliato (mal segue). Intima anche a Carlo II d Angiò (novello vale il giovane , ma anche, con disprezzo, l ultimo arrivato ), rappresentante della parte guelfa in Italia, di non provare a sconfiggerlo: abbia invece timore degli artigli dell aquila (continua la metafora* iniziale), che seppe annientare uomini ben più potenti di lui. 283

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