Antologia della Divina Commedia

111 E quest altro splendor che ti si mostra da la mia destra parte e che s accende di tutto il lume de la spera nostra, [109-111] E quest altra anima splendente (splendor) che ti si mostra dalla mia parte destra e che brilla (s accende) di tutta la luce (lume) della nostra sfera, 114 ciò ch io dico di me, di sé intende; sorella fu, e così le fu tolta di capo l ombra de le sacre bende. [112-114] comprende (intende) quello (ciò) che io dico riguardo me (di me) in relazione a sé stessa (di sé): fu suora (sorella), e nello stesso modo (così) le fu tolta dalla testa (capo) l ombra delle sacre bende [il velo monacale]. 117 Ma poi che pur al mondo fu rivolta contra suo grado e contra buona usanza, non fu dal vel del cor già mai disciolta. [115-117] Ma poi che fu ricondotta (rivolta) al mondo contro la sua volontà (grado) e contro un onesto comportamento (buona usanza), non si staccò mai (non fu... disciolta) dal velo (vel) del cuore (cor). 120 Quest è la luce de la gran Costanza che del secondo vento di Soave generò l terzo e l ultima possanza . [118-120] Questa è la luce della grande Costanza che dal secondo turbine (vento) di Svevia (Soave) generò il terzo, l ultima potenza . 123 Così parlommi, e poi cominciò Ave, Maria cantando, e cantando vanio come per acqua cupa cosa grave. [121-123] Così mi parlò (parlommi) e poi cominciò a cantare (cominciò... cantando) Ave Maria, e cantando svanì (vanio) come un oggetto pesante (cosa grave) nell acqua profonda (cupa). 126 La vista mia, che tanto lei seguio quanto possibil fu, poi che la perse, volsesi al segno di maggior disio, [124-126] Il mio sguardo (vista), che la seguì (seguio) per quanto fu possibile, dopo che l ebbe perduta (la perse) si rivolse (volsesi) alla meta (segno) del [mio] desiderio (disio) più grande (maggior). 129 e a Beatrice tutta si converse; ma quella folgorò nel m o sguardo sì che da prima il viso non sofferse; [127-129] e si indirizzò tutta (tutta si converse) verso Beatrice; ma quella emise una luce folgorante (folgorò) verso i miei occhi (nel m o sguardo) al punto che (sì che) in un primo momento (da prima) la vista (viso) non la sopportò (sofferse); 130 e ciò mi fece a dimandar più tardo. [130] e ciò mi rese (fece) più lento (tardo) nel rivolgerle la domanda (dimandar) [che desideravo fare]. 109-114. E quest altro bende: Piccarda distoglie subito da sé l attenzione di Dante e presenta un altra anima, luminosissima, anch ella in vita suora privata del velo. Costanza d Altavilla, madre di Federico II di Svevia (X Personaggi). Si noti il chiasmo* di me di sé che segna il passaggio in cui la beata sposta il racconto da sé all imperatrice Costanza. 115-117. Ma poi disciolta: sebbene costretta ad abbandonare l abito monacale con violenza, Costanza non venne mai meno all impegno contratto con i suoi voti, ai quali rimase sempre legata nel cuore (dal vel del cor è una metonimia* che significa dalla promessa custodita nel cuore ). 118. Quest è possanza: Costanza d Altavilla, donna di stirpe regale, è qui presentata con grande solennità, quasi in con- 272 trasto con la modestia usata da Piccarda nel parlare di sé. 119. secondo vento di Soave: il termine vento è usato per indicare la potenza e la fugacità dell impero svevo ed è una metafora* per imperatore ; soave deriva dal tedesco Schwaben e significa Svevia . Piccarda si riferisce dunque a Enrico VI di Svevia (11651197), figlio di Federico Barbarossa (prima potenza di Svevia) e di Beatrice dell Alta Borgogna. Associato al regno dal padre nel 1169, dopo il matrimonio con Costanza d Altavilla (1186) si batté per l estensione del dominio imperiale nell Italia meridionale, finché, nel 1194 fu incoronato a Palermo re di Sicilia. 120. terzo e l ultima possanza: possanza è metonimia* per indicare Federico II di Svevia (1194-1250), figlio di Enrico VI e di Costanza d Altavilla. 121-123. Così grave: intonando l Ave Maria, Piccarda svanisce dissolvendosi lentamente in una dimensione liquida: la sua apparizione, che aveva evocato un immagine riflessa, adesso è descritta come un corpo pesante che scompare nell acqua profonda. Cominciò cantando, e cantando vanio è un chiasmo*. 124-130. La vista mia tardo: non appena Dante fissa gli occhi in quelli di Beatrice (chiamata con una perifrasi* segno di maggior desio), ne rimane abbagliato: nella cantica della luce e dello splendore della Grazia divina la vista è il senso più importante per attingere alla conoscenza; ma il percorso mistico e intellettivo del poeta non può realizzarsi senza le oggettive difficoltà impostegli dalla sua natura mortale.

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