Antologia della Divina Commedia

CANTO III Paradiso 63 però non fui a rimembrar festino; ma or m aiuta ciò che tu mi dici, sì che raffigurar m è più latino. [61-63] perciò non sono stato (fui) veloce (festino) nel ricordarmi (rimembrar) [del tuo volto]; ma ora mi aiuta ciò che tu mi dici, così che riconoscerti (raffigurar) mi è più facile (latino). 66 Ma dimmi: voi che siete qui felici, disiderate voi più alto loco per più vedere e per più farvi amici? . [64-66] Ma dimmi: voi che siete felici qui, desiderate (disiderate) voi una collocazione (loco) più in alto [in una sfera superiore] per vedere di più e per farvi più intimi [di Dio]? . 69 Con quelle altr ombre pria sorrise un poco; da indi mi rispuose tanto lieta, ch arder parea d amor nel primo foco: [67-69] Insieme (Con) a quelle altre ombre prima (pria) sorrise un poco; poi (da indi) mi rispose così felice (lieta), che sembrava (parea) ardere dell amore del primo fuoco (foco) [dello Spirito Santo]: 72 «Frate, la nostra volontà qu eta virtù di carità, che fa volerne sol quel ch avemo, e d altro non ci asseta. [70-72] «Fratello, rende appagata (qu eta) la nostra volontà il potere (virtù) dell amore (carità) [divino], che ci fa desiderare (volerne) solo ciò che abbiamo (avemo) e non ci rende assetati di altro (d altro non ci asseta). 75 Se dis assimo esser più superne, foran discordi li nostri disiri dal voler di colui che qui ne cerne; [73-75] Se desiderassimo (dis assimo) stare più in alto (esser più superne), sarebbero (foran) discordanti (discordi) i nostri desideri (disiri) dalla volontà (voler) di colui che qui [nel Paradiso] ci distribuisce (cerne); 78 che vedrai non capere in questi giri, s essere in carità è qui necesse, e se la sua natura ben rimiri. [76-78] cosa che (che) vedrai non essere contemplata (capere) in queste sfere (giri), se qui è necessario (necesse) vivere nello spirito dell amore [divino] (essere in carità) e se guardi bene (rimiri) la sua natura [della carità]. 81 Anzi è formale ad esto beato esse tenersi dentro a la divina voglia, per ch una fansi nostre voglie stesse; [79-81] Anzi è parte essenziale (formale) di questo (esto) essere beati (beato esse) rimanere (tenersi) dentro alla volontà (voglia) divina, cosa per la quale (per ch ) si fanno (fansi) una sola (una) le nostre stesse volontà (voglie); 63. latino: anticamente questo aggettivo aveva il significato di intellegibile , chiaro usato in contrapposizione a barbaro , che invece indicava qualcosa di incomprensibile. 64-66. Ma dimmi amici?: Dante è ancorato a una visione terrena della beatitudine, perciò espone a Piccarda, in modo ingenuo ma diretto, il proprio dubbio: «Non desiderate un grado maggiore di beatitudine per meglio contemplare Dio e stargli più vicino? . Il poeta infatti, secondo una sensibilità ancora umana, non riesce a mettere da parte l idea che esistano gradi maggiori e minori di beatitudine e che questo comporti nelle anime una certa invidia e un desiderio di miglioramento. 67-69. Con quelle foco: l immensa carità di Piccarda si manifesta attraverso la comprensione misericordiosa della limitatezza dell interlocutore, atteggiamento spesso presente anche in Beatrice. Il fatto che sorrida con quelle altr ombre mostra come la piena consapevolezza di beatitudine sia condivisa con tutte le altre anime nella stessa condizione. Il primo foco indica lo Spirito Santo, primo amore in cui si manifesta Dio. 70-72. Frate asseta: Piccarda riprende qui il tema del perfetto accordo tra volontà delle anime e volontà divina, già anticipato ai versi 52-54. L inversione tra complemento oggetto (nostra volontà) e soggetto (virtù di carità) pone in risalto quest ultimo, collocandolo all inizio del verso per sottolineare che l amore è ciò che ordina e dispone tutto nel regno celeste. 73-75. Se dis assimo cerne: con la stringente coerenza logica propria delle argomentazioni della filosofia scolastica, Piccarda illustra a Dante l assurdità della sua affermazione: «Se noi desiderassimo essere collocati in un luogo più elevato, i nostri desideri sarebbero in contrasto con quelli di Dio (indicato con la perifrasi* colui che qui ne cerne) . Il termine cerne derivante dalla parola latina che significa discernere, distinguere indica l azione di Dio che distribuisce i beati nei vari cieli secondo il proprio giudizio. 76-78. che vedrai rimiri: il linguaggio di Piccarda è interamente conformato a quello dottrinale e filosofico e per questo ricco di latinismi*. Non capere significa non essere contenuto , non trovare posto : la condizione di disaccordo fra anime e Dio non ha possibilità di verificarsi in Paradiso. Anche è qui necesse è calco della formula latina necesse est, propria della filosofia scolastica: Piccarda lo usa per esprimere come vivere in armonia con la carità sia una condizione inevitabile e necessaria. 79-84. Anzi ne nvoglia: l anima esplicita il concetto già espresso al verso 45: è essenziale (formale) alla condizione di beatitudine (beato esse) tenersi nei confini della volontà divina, per cui tutti i desideri delle 269

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