Antologia della Divina Commedia

DIVINA COMMEDIA A esse si aggiungono l ottavo cielo, o delle Stelle fisse, sede degli angeli Cherubini e luogo del trionfo di Cristo e della Vergine tra tutti i beati, e il nono, sede degli angeli Serafini, chiamato Primo mobile per la vorticosa rotazione che imprime il movimento anche ai cieli sottostanti. Infine c è l Empireo, sede di Dio e dei beati, che appaiono a Dante sotto le sembianze di una candida rosa formata dai beati vestiti di bianco e ordinati in nove giri di petali secondo il loro grado di beatitudine: in alto siedono la Vergine Maria e san Giovanni Battista, in basso tutti gli altri beati, circondati dai cori angelici e divisi nelle due distinte categorie di coloro che credettero in Cristo prima della sua venuta e di coloro che credettero in Cristo rivelato. Nel corso dell ascensione celeste le anime dei beati si mostrano a Dante distribuite nei primi sette cieli a seconda del loro grado di beatitudine, non perché quella sia la loro effettiva sede (per tutte è l Empireo), ma perché il poeta possa meglio comprendere il loro grado di santità. 2. I TEMI Luce e carità La carità è la virtù che informa tutto il Paradiso (l amor che move il sole e l altre stelle, Par., XXXIII, v. 145); essa è anche il principio stesso su cui poggia l intero universo e si manifesta agli occhi di Dante attraverso i fulgidi bagliori sprigionati dalle anime. Questa fiamma di misericordia divampa con maggior forza quanto più i beati gioiscono per il piacere di soccorrere Dante e soddisfare la sua sete di conoscenza. La luce della grazia, che in modo ineguale tocca le sfere come pioggia (la grazia / del sommo ben d un modo non vi piove Par., III, vv. 89-90) è anche simbolo della sapienza dei più profondi misteri divini: per questo risplende con maggior vigore nell Empireo. La missione etico-morale Se, come la maggioranza degli studiosi è incline a credere, l Epistola XIII rivolta a Cangrande della Scala e redatta presumibilmente nel 1316 è autentica, Dante vi esplicita l intento salvifico dell opera: riscattare il genere umano dalla sua condizione di deviazione morale per condurlo alla redenzione. Lungo il percorso di purificazione e salvezza che si snoda attraverso i tre mondi ultraterreni, il poeta assume il ruolo di rappresentante dell intera umanità. Nell Empireo, raggiunta ormai 246 una visione diretta della luce della divinità, il viaggio di Dante nel Paradiso assume esplicitamente i contorni di una provvidenziale rivelazione disposta dal volere di Dio. Questo percorso di redenzione, di cui il poeta pellegrino è testimone privilegiato, non può compiersi senza una dolorosa indagine sui vizi che affliggono l umanità stessa. Così anche nella terza cantica, come già nelle prime due, si incontrano pungenti invettive contro la dissoluzione dei valori morali in Terra. E quanto più Dante nel suo viaggio si addentra nella radiosa perfezione del regno dei cieli, tanto più aspro è l attacco contro il torbido degrado politico, etico e religioso della civiltà del suo tempo, in cui solo gli infanti appaiono scevri dal peccato (Fede e innocenza son reperte / solo ne parvoletti Par., XXVII, vv. 127-128). Proprio da questo stridente contrasto fra cielo e Terra nascono le parole cariche di biasimo pronunciate dalle più imponenti figure morali del Paradiso, come quelle di Giustiniano (canto VI) in difesa della giustizia e dell istituto imperiale contro guelfi e ghibellini; di san Tommaso e san Bonaventura (canti XI e XII) contro domenicani e francescani corrotti; di Cacciaguida (canti XV-XVII) contro la Firenze moderna; di san Pietro (canto XXVII) contro l avidità dei papi. Allo stesso tempo, però, la tensione verso le sfere celesti pone Dante in uno stato di progressivo disinteresse per le vicende della Storia umana: il poeta può rivolgersi al mondo di giù, che scatena gli istinti e la violenza degli uomini, come all aiuola che ci fa tanto feroci (Par., XXII, v. 151) da cui si sente ormai definitivamente lontano, rapito com è nell ascesi mistica. L ineffabilità Nel comporre la terza cantica il compito più arduo per Dante è cercare di esprimere l inesprimibile, traducendo in versi la propria straordinaria esperienza di testimone del mondo celeste. Egli assiste alla suprema visione dell intero universo racchiuso in Dio, esperienza condivisa soltanto con l eccezionale figura di san Paolo (io non Paulo sono Inf., II, v. 32), che lo porta a spingersi oltre le proprie facoltà fisiche e intellettive (cede la memoria a tanto oltraggio Par., XXXIII, v. 57; non eran da ciò le proprie penne: / se non che la mia mente fu percossa / da un fulgore ivi, vv. 139-141). Se però Dante-personaggio ottiene il privilegio di attingere ai misteri divini per effetto di una potente folgorazione, Dante-autore,

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