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Dentro il testo I CONTENUTI TEMATICI La solidarietà politica Il tema centrale del VI canto del Purgatorio è quello della comunità politica, ovvero del legame umano e civile che dovrebbe stringere in un unico abbraccio i concittadini, permettendo una gestione ordinata, funzionale ed efficiente della politica. L abbraccio è proprio quello tra Sordello e Virgilio: il poeta del XIII secolo scelto come protagonista in quanto autore del Compianto in morte di ser Blacatz, testo in cui criticava aspramente i principi europei e li invitava a cibarsi del cuore di un nobile signore provenzale per assorbirne le virtù non conosce nemmeno l identità dell ombra che ha incontrato. Colto inizialmente in un atteggiamento distaccato e quasi sdegnoso, abbraccia calorosamente Virgilio quando sa che è mantovano. Il gesto di Sordello ha un valore filosofico e politico: come Dante aveva letto nel testo Dei doveri dello scrittore latino Cicerone, gli esseri umani, quando vivono pacificamente in una città, dovrebbero istintivamente sostenersi; anche Virgilio lo aveva spiegato nel canto XI dell Inferno parlando del vincolo (vinco) di affetto (d amor) che la natura stringe (fa) tra gli esseri umani. E dato che l invettiva che segue è di argomento politico, anche il senso di quell abbraccio è politico: solo nelle città dove regna una naturale concordia ci potrà essere la pace e dunque la prosperità. Il disordine politico e morale dell Italia Di fronte all abbraccio tra Virgilio e Sordello, Dante-autore pensa, per contrasto, alla situazione delle città italiane, dilaniate dagli odi, dalle faide, dagli omicidi. Comincia quindi la più famosa invettiva della Commedia, che passa in rassegna alcune delle guerre intestine che sconvolgono il Paese. L Italia intesa come nazione politica allora non esisteva (sarebbe nata solo nel 1861): a eccezione del Regno di Napoli e dello Stato della Chiesa, era un insieme di comuni liberi e autonomi, in guerra perenne sia al loro interno sia l uno contro l altro. Dante si interroga sulle origini morali e politiche di tanto decadimento. La risposta sul piano morale l aveva già data nel canto VI dell Inferno (superbia, invidia e avarizia hanno creato le rivalità cittadine). Ora però pone in evidenza anche l aspetto politico del problema: le città italiane sono ribelli all autorità suprema che dovrebbe guidarle e quindi 166 anche pacificarle, ovvero l Impero. L invettiva si rivolge allora all imperatore tedesco, che ormai da decenni (dal tempo di Federico II e Manfredi) non mostra più interesse a scendere in Italia per imporre l ordine e la giustizia, venendo meno al proprio ruolo universale di garante della pace, come espresso nella Monarchia. Un inferma che non trova posa Dante rivolge infine lo sguardo a Firenze: la città è ingestibile, infatti tutti si credono degni e capaci di governare e si propongono di farlo senza esserne in grado e, di conseguenza, tutte le numerose e complicate leggi che vengono elaborate sono continuamente disattese e poi cambiate. LE SCELTE STILISTICHE Il linguaggio del vincolo d amore tra cittadini Dante prima costruisce il pulpito ideale dal quale scagliare la sua invettiva attraverso l incontro con Sordello. Questi viene presentato in termini altisonanti con l isocolo* dei quattro aggettivi ai versi 62-63 (altera e disdegnosa... onesta e tarda) e con la similitudine* a guisa di leon quando si posa (v. 66). Questa solenne dignità viene subito abbandonata da Sordello quando riconosce in Virgilio un concittadino: il linguaggio si fa semplice e immediato, come quello di un affettuoso saluto (O Mantoano... io son... de la tua terra... abbracciava, vv. 74-75). Lo stile dell invettiva Nell invettiva* che assorbe la seconda parte del canto, Dante ricorre a una sequenza di metafore* tipiche dei trattati di politica: l Italia è paragonata prima a una nave che non ha più timoniere, poi a una prostituta (bordello) ribaltando l espressione signora di province , che traduce una formula latina dove la parola donna vale signora. L invettiva contro l imperatore è costruita sull insistita metafora dell equitazione (freno, v. 88; sella, v. 89; fiera fella, v. 94; sproni, v. 95; predella, v. 96; indomita e selvaggia, v. 98; inforcar li suoi arcioni, v. 99): l Italia è un cavallo ribelle che gli imperatori dovrebbero domare e cavalcare. Il passo si chiude con la figura retorica della prosopopea*: Roma è immaginata come una donna abbandonata dal marito che piange la notte invocando il ritorno del coniuge (v. 114). Tutta questa sezione è caratterizzata dal lessico della violenza

Antologia della Divina Commedia
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