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CANTO XXXIII Inferno Dentro il testo I CONTENUTI TEMATICI Una tragedia della paternità Buona parte del canto XXXIII (i versi 1-78, qui antologizzati) è occupata dal racconto della prigionia e della morte di Ugolino nella Torre della Muda, a Pisa, dove egli venne rinchiuso con due figli e due nipoti nel 1288, dopo la sua caduta in disgrazia nell ambito delle lotte cittadine dell epoca. Il crudo e terribile racconto di Ugolino ha suscitato nei lettori di ogni tempo una forte emozione. Lo strazio vissuto da un padre che, impotente, vede morire i propri figli d inedia, ha portato il grande critico Francesco De Sanctis a parlare di una tragedia della paternità . Per esprimerlo Dante ha persino parzialmente piegato anche la verità storica, mostrando i figli di Ugolino (in realtà, appunto, due figli e due nipoti) più giovani di quel che erano, al fine di accrescere lo sdegno per una morte così crudele. Colpa e compassione Ma tale tragedia è per Dante soprattutto uno strumento poetico per riflettere sul rapporto tra la compassione per il dolore di un uomo e la comprensione della gravità delle sue colpe. Per farlo emergere, Dante costruisce un personaggio che è insieme carnefice e vittima. Nel suo racconto, infatti, il conte Ugolino mostra il suo lato più nobile: avverte Dante che per narrare la sua storia dovrà rinnovare un disperato dolor (v. 5) e che parlerà piangendo, come Francesca nel canto V. Allo stesso tempo Dante lo dipinge, prima e dopo il racconto, come una belva sanguinaria, come un cane che rode in eterno il cranio del suo nemico in un pasto orripilante; la sua faccia è lorda di sangue, il suo gesto esprime un odio smisurato e mostruoso. L Ugolino padre addolorato che vede morire i propri figli desta umana pietà; l altro, belva che addenta il cranio di un altro essere umano, non può che suscitare orrore. Come si conciliano i due aspetti di questa figura? Che senso ha questa opposizione? Il degrado della lotta politica pisana La risposta è nella collocazione stessa di Ugolino in questa zona del nono cerchio. Egli era stato considerato un traditore della patria e della sua parte perché, pur essendo ghibellino, aveva stretto accordi con i guelfi per interesse personale, e perché dopo la battaglia della Meloria (1284), incaricato di difendere gli interessi di Pisa, aveva condotto trattative opache con i nemici genovesi. Non è certo per quale azione Dante lo condanni, ma è sicuro che Ugolino fu al centro di una vita politica fatta di odi, inganni e tradimenti, e di questo degrado morale e politico diventa il simbolo. Anche in questo canto non manca un riferimento personale alla biografia di Dante: nel condannare Ugolino, il poeta attacca tutto il mondo comunale della Toscana del Duecento, un mondo dove l azione politica diventava facilmente tradimento e assassinio: di qui l invettiva finale contro Pisa (vv. 79-90) che chiude l episodio. William Blake, Ugolino e i suoi figli prigionieri nella torre, 1825 ca. 121

Antologia della Divina Commedia
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