Classe di letteratura - Giacomo Leopardi

70 75 80 85 90 95 100 m era, parlando, il mio possente errore sempre, ov io fossi. In queste sale antiche, al chiaror delle nevi, intorno a queste ampie finestre sibilando il vento, rimbombaro i sollazzi e le festose mie voci al tempo che l acerbo, indegno mistero delle cose a noi si mostra pien di dolcezza; indelibata, intera il garzoncel, come inesperto amante, la sua vita ingannevole vagheggia, e celeste beltà fingendo ammira. in un età in cui, dovunque mi trovassi (ov io fossi), mi era sempre accanto la mia potente capacità di illudermi (il mio possente errore). In queste stanze antiche, al chiarore delle nevi, mentre il vento sibilava intorno a queste grandi finestre, risuonarono i giochi (i sollazzi) e le mie grida felici (festose mie voci) al tempo in cui il duro (acerbo) e intollerabile (indegno) mistero dell esistenza (delle cose) si mostra a noi pieno di dolcezza; il giovinetto (garzoncel), come un innamorato inesperto, immagina (vagheggia) la sua vita, che sarà piena d inganni, come un amante vergine (indelibata) e intatta (intera), e ammira una bellezza divina (celeste beltà) che si è creato con l immaginazione (fingendo). O speranze, speranze; ameni inganni della mia prima età! sempre, parlando, ritorno a voi; che per andar di tempo, per variar d affetti e di pensieri, obbliarvi non so. Fantasmi, intendo, son la gloria e l onor; diletti e beni mero desio; non ha la vita un frutto, inutile miseria. E sebben v ti son gli anni miei, sebben deserto, oscuro il mio stato mortal, poco mi toglie la fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta a voi ripenso, o mie speranze antiche, ed a quel caro immaginar mio primo; indi riguardo il viver mio sì vile e sì dolente, e che la morte è quello che di cotanta speme oggi m avanza; sento serrarmi il cor, sento ch al tutto consolarmi non so del mio destino. E quando pur questa invocata morte sarammi allato, e sarà giunto il fine della sventura mia; quando la terra mi fia straniera valle, e dal mio sguardo fuggirà l avvenir; di voi per certo risovverrammi; e quell imago ancora sospirar mi farà, farammi acerbo l esser vissuto indarno, e la dolcezza del dì fatal tempererà d affanno. Le speranze ingannevoli 66 il mio possente errore: la cieca disposi- zione, quasi personificata (al fianco / m era), a credere ai propri sogni. 71 indegno: forse anche nel significato di che non merita di essere conosciuto . 75 ingannevole: perché non manterrà ciò che promette. 77 O speranze, speranze: la ripetizione enfatica è una costante dei Canti: basti ricordare il precedente di A Silvia («O natura, o natura , v. 36, T12, p. 81). 88 / GIACOMO LEOPARDI 77-103 O speranze, speranze; dolci (ameni) inganni della mia fanciullezza (prima età)! sempre, nei miei discorsi (parlando), ritorno a voi; perché (che), per quanto trascorra il tempo, per quanto mutino i sentimenti (affetti) e i pensieri, non riesco a dimenticarvi (obbliarvi). La gloria e l onore, lo so (intendo), sono fantasmi; i piaceri (diletti) e la gioia (beni) sono un puro desiderio; la vita non ha uno scopo (frutto), è infelicità (miseria) inutile. E sebbene gli anni della mia esistenza siano vuoti (v ti), sebbene la mia condizione personale (il mio stato mortal) sia solitaria (deserto) e negletta (oscuro), so bene (ben veggo) che il destino mi toglie ben poco. Ma, ahimè, ogni volta che ripenso a voi, o mie antiche speranze, e a quel mio primo fantasticare sul futuro (immaginar); e poi (indi) considero (riguardo) questa mia vita così inutile (vile) e dolorosa, e vedo che la morte è tutto ciò che mi rimane di così grandi speranze (cotanta speme); sento stringermi (serrarmi) il cuore, sento che non riesco a rassegnarmi interamente (al tutto consolarmi) al mio destino. E anche (pur) quando la morte tanto desiderata (invocata) mi raggiungerà (sarammi allato), e sarà giunta la fine della mia sventura; quando la terra sarà (fia) per me una valle straniera, e dal mio sguardo fuggirà il futuro; certamente mi ricorderò (risovverrammi) di voi, e quel ricordo (imago) mi farà ancora sospirare, il pensiero di aver vissuto invano (indarno) mi getterà nella disperazione (farammi acerbo), e guasterà con la sua amarezza (tempererà d affanno) la dolcezza del giorno della morte (dì fatal). 83 mero desio: un desiderio irrealizzabile. 84-87 E sebben v ti son gli anni miei poco mi toglie la fortuna: Leopardi ritiene che anche ciò che possiedono le persone felici (dunque in una condizione diversa dalla sua) sia ben poca cosa, essendo ogni tipo di felicità per sua natura illusoria. Per questo non è molto ciò di cui il destino priva lui che già non è felice. 92 di cotanta m avanza: l espressione riecheggia celebri versi petrarcheschi («Questo m avanza di cotanta speme , Canzoniere, 218, v. 32) e foscoliani («Questo di tanta speme oggi mi resta , In morte del fratello Giovanni, v. 12). 97 sventura: tale è, nel suo complesso, la vita per Leopardi. 99 voi: sono sempre le antiche speranze. 100 quell imago: l immagine della vita sognata da giovane.

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