Classe di letteratura - Giacomo Leopardi

35 40 45 50 55 era tale da non lasciar la minima ombra di speranza. Tutto questo e le riflessioni fatte sulla natura degli uomini, mi persuasero ch io benché sprovveduto di tutto, non dovea confidare se non in me stesso. Ed ora che la legge mi ha già fatto padrone di me,13 non ho voluto più tardare a incaricarmi della mia sorte.14 Io so che la felicità dell uomo consiste nell esser contento, e però più facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz altro pensiero. So che sarò stimato pazzo, come so ancora che tutti gli uomini grandi hanno avuto questo nome. E perché la carriera di quasi ogni uomo di gran genio è cominciata dalla disperazione, perciò non mi sgomenta che la mia cominci così. Voglio piuttosto essere infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi, tanto più che la noia, madre per me di mortifere malinconie, mi nuoce assai più che ogni disagio del corpo. I padri sogliono giudicare dei loro figli più favorevolmente degli altri, ma Ella per lo contrario ne giudica più sfavorevolmente d ogni altra persona, e quindi non ha mai creduto che noi fossimo nati a niente di grande: forse anche non riconosce altra grandezza che quella che si misura coi calcoli, e colle norme geometriche. [ ] Mio caro Signor Padre, se mi permette di chiamarla con questo nome, io m inginocchio per pregarla di perdonare a questo infelice per natura e per circostanze. Vorrei che la mia infelicità fosse stata tutta mia, e nessuno avesse dovuto risentirsene, e così spero che sarà d ora innanzi. Se la fortuna mi farà mai padrone di nulla,15 il mio primo pensiero sarà di rendere quello di cui ora la necessità mi costringe a servirmi. L ultimo favore ch io le domando, è che se mai le si desterà la ricordanza16 di questo figlio che l ha sempre venerata ed amata, non la rigetti come odiosa, né la maledica; e se la sorte non ha voluto ch Ella si possa lodare di lui, non ricusi di concedergli quella compassione che non si nega neanche ai malfattori. 13 la legge di me: da qualche giorno il poeta ha compiuto ventun anni, età in cui all epoca si diventava maggiorenni. 14 incaricarmi sorte: a farmi carico del- la mia vita futura. 15 mi farà nulla: mi darà la possibilità di possedere qualcosa. 16 ricordanza: memoria. DENTRO IL TESTO L antefatto della lettera La richiesta finale di perdono e la forza del legame con il padre I contenuti tematici Questa lettera, non datata, risale alla fine del luglio 1819. L anno è cruciale nella vita del giovane poeta, esasperato dalla malattia agli occhi, dalla percezione crescente dell opprimente nucleo familiare e dalla maturazione del suo pessimismo. Siamo nel periodo della cosiddetta conversione filosofica , del passaggio «dal bello al vero , cioè dall espressione dei sentimenti all analisi razionale della vita umana, che segna il suo distacco da ogni religione e da ogni illusione. Il tentativo di fuga da Recanati cade proprio in questa fase: la lettera viene scritta quando Leopardi è sicuro della buona riuscita dell impresa e in questa prospettiva va letta, senza tener conto del suo esito negativo. Il poeta difende strenuamente la scelta, affermando il proprio bisogno di autonomia, anche se questa comporta rischi e sacrifici. La conclusione però sembra almeno nella forma spegnere o attenuare i toni: Giacomo chiede perdono per il gesto che ha deciso di compiere, tentando di riacquistare la benevolenza del padre (Mio caro Signor Padre, se mi permette di chiamarla con questo nome, r. 50; questo figlio che l ha sempre venerata ed amata, r. 56). Si tratta di un atteggiamento che rivela una volta ancora la complessità di un rap- 34 / GIACOMO LEOPARDI

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