T22 - Dialogo di Plotino e di Porfirio

Dialogo di Plotino e di Porfirio / T22 / Operette morali, 22 / La vita che vince sulla morte / Composto nel 1827, il dialogo affronta il tema del suicidio, trattato attraverso il confronto tra Plotino e Porfirio, due filosofi neoplatonici vissuti tra il II e III secolo d.C. Il primo si è reso conto che l amico, consapevole della vanità del la vita, sta meditando di suicidarsi e cerca di fargli cambiare idea. Ciascuno dei due filosofi propone validi argomenti a sostegno di tesi opposte: Porfirio afferma che la morte è l unica via d uscita dall infelicità cui sono destinati gli uomini; Plotino oppone al lucido ragionamento dell interlocutore una serie di considerazioni sull istinto di conservazione insito in tutti gli esseri e lo invita a non causare, con la sua morte volontaria, dolore a coloro che lo amano, so stenendo il valore della solidarietà e dell amore tra gli uomini. 5 10 15 20 25 Una volta essendo io Porfirio entrato in pensiero di levarmi la vita, Plotino se ne avvide: e venutomi innanzi improvvisamente, che io era in casa; e dettomi, non procedere sì fatto pensiero da discorso di mente sana, ma da qualche indisposizione malinconica; mi strinse che io mutassi paese.1 [ ] Plotino Porfirio, tu sai ch io ti sono amico; e sai quanto: e non ti dei2 maravigliare se io vengo osservando i tuoi fatti e i tuoi detti e il tuo stato con una certa curiosità; perché nasce da questo, che tu mi stai sul cuore.3 Già sono più giorni che io ti veggo tristo e pensieroso molto; hai una certa guardatura,4 e lasci andare certe parole: in fine, senza altri preamboli e senza aggiramenti, io credo che tu abbi in capo una mala intenzione. Porfirio Come, che vuoi tu dire? Plotino Una mala intenzione contro te stesso. Il fatto è stimato cattivo augurio a nominarlo.5 Vedi, Porfirio mio, non mi negare il vero;6 non far questa ingiuria a tanto amore che noi ci portiamo insieme da tanto tempo. So bene che io ti fo dispiacere a muoverti questo discorso; e intendo che ti sarebbe stato caro di tenerti il tuo proposito celato: ma in cosa di tanto momento io non poteva tacere; e tu non dovresti avere a male di conferirla7 con persona che ti vuol tanto bene quanto a se stessa. Discorriamo insieme riposatamente,8 e andiamo pensando le ragioni: tu sfogherai l animo tuo meco, ti dorrai,9 piangerai; che io merito da te questo: e in ultimo io non sono già10 per impedirti che tu non facci quello che noi troveremo che sia ragionevole, e di tuo utile. Porfirio Io non ti ho mai disdetto11 cosa che tu mi domandassi, Plotino mio. Ed ora confesso a te quello che avrei voluto tener segreto, e che non confesserei ad altri per cosa alcuna del mondo; dico che quel che tu immagini della mia intenzione, è la verità. Se ti piace che noi ci ponghiamo a ragionare sopra questa materia; benché l animo mio ci ripugna molto, perché queste tali deliberazioni pare che si compiacciano di un silenzio altissimo, e che la mente in così fatti pensieri ami di essere solitaria e ristretta12 in se medesima più che mai; pure io 1 e venutomi paese: e venuto a trovarmi a casa, senza preavviso, dopo avermi det to che un tal proposito non poteva nasce re da un ragionamento equilibrato, ma da qualche disturbo dell umore, mi costrinse a cambiare idea. 2 dei: devi. 3 mi stai sul cuore: mi stai a cuore. 4 guardatura: modo di guardare. 5 Il fatto a nominarlo: Plotino non vuo le neppure nominare ciò che teme che l a mico voglia fare. 6 non mi negare il vero: non nasconder mi la verità. 7 conferirla: confidarla. 8 riposatamente: con calma. 9 ti dorrai: ti lamenterai. 10 non sono già: non intendo. 11 non ti ho mai disdetto: io non ti ho mai negato. 12 ristretta: concentrata. L AUTORE / 153

Classe di letteratura - Giacomo Leopardi
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