Classe di letteratura - Giacomo Leopardi

100 105 110 115 120 125 130 135 Magnanimo animale non credo io già, ma stolto, quel che nato a perir, nutrito in pene, dice, a goder son fatto, e di fetido orgoglio empie le carte, eccelsi fati e nove felicità, quali il ciel tutto ignora, non pur quest orbe, promettendo in terra a popoli che un onda di mar commosso, un fiato d aura maligna, un sotterraneo crollo distrugge sì, che avanza a gran pena di lor la rimembranza. Nobil natura è quella che a sollevar s ardisce gli occhi mortali incontra al comun fato, e che con franca lingua, nulla al ver detraendo, confessa il mal che ci fu dato in sorte, e il basso stato e frale; quella che grande e forte mostra sé nel soffrir, né gli odii e l ire fraterne, ancor più gravi d ogni altro danno, accresce alle miserie sue, l uomo incolpando del suo dolor, ma dà la colpa a quella che veramente è rea, che de mortali madre è di parto e di voler matrigna. Costei chiama inimica; e incontro a questa congiunta esser pensando, siccome è il vero, ed ordinata in pria l umana compagnia, tutti fra sé confederati estima gli uomini, e tutti abbraccia con vero amor, porgendo valida e pronta ed aspettando aita negli alterni perigli e nelle angosce della guerra comune. Ed alle offese 107-108 fiato d aura maligna: cioè un e pidemia. 111 quella: di colui che. 112-114 a sollevar fato: l espressione ri calca un passo del De rerum natura del poeta latino Lucrezio (I sec. a.C.) in cui si parla di Epicuro e della sua lotta co raggiosa per liberare attraverso la ragio ne l umanità dalle paure che la opprime vano: mortales tollere contra / est oculos ausus ( osò sollevare contro la religione i propri occhi mortali , I, 6667). davvero (già) un essere animato (animale) nobile (Magnanimo), bensì ritengo sciocco, quello che, nato per morire (a perir), cresciuto nel dolore (in pene), dice: «Sono stato creato per provare piacere , e riempie i suoi scritti (empie la carte) di orgoglio disgustoso (fetido), promettendo sulla Terra eccezionali (eccelsi) destini e straordinarie (nove) felicità quali non solo questo mondo (orbe), ma anche il cielo in tero ignora a popoli che un maremoto (onda di mar commosso), un soffio d aria infetta (fiato d aura maligna), un terremoto (sotterraneo crollo) distruggono in un modo tale che a sten to (a gran pena) sopravvive il loro ricordo. Nobiltà d animo di chi affronta la verità della condizione dell uomo 111-144 invece un indole (natura) nobile quel la di colui che ha il coraggio (s ardisce) di alza re gli occhi mortali verso (incontra) il destino (fato) comune, e che con franchezza (franca lingua), senza togliere nulla alla verità (nulla al ver detraendo), riconosce (confessa) la soffe renza (mal) e la bassa e fragile (frale) condi zione (stato) che ci furono date in sorte; quella che si dimostra grande e forte nel soffrire, e che non aggiunge (accresce) alle proprie miserie gli odi e le ire tra fratelli, ancora più gravi di ogni altro male (danno), incolpando della propria sofferenza gli altri esseri umani, ma attribuisce la responsabilità a colei che davvero è colpevo le (rea), che è madre degli uomini, in quanto li ha generati, ma, per la sua cattiva disposizione verso di loro (di voler), è una matrigna. Defi nisce (chiama) nemica la natura; e ritenendo, come di fatto è accaduto, che la società uma na (umana compagnia) si sia unita (congiunta esser) e organizzata nell antichità (ordinata in pria) per contrastare la natura (incontro a questa), considera tutti gli uomini come alleati fra loro, e abbraccia tutti con autentico amore, of frendo e a sua volta aspettandosi un aiuto effi cace e sollecito (valida e pronta ed aspettando aita) nei pericoli (perigli) alterni e nelle angosce della guerra comune. E ritiene che sia 119-121 gli odii danno: gli odi e le ire fra terne sono considerati da Leopardi pas sioni più gravi di ogni altro male. 123 quella: la natura. 124 rea: colpevole dell infelicità umana. Nello Zibaldone (2 gennaio 1829) Leopar di scrive: «La mia filosofia fa rea d ogni cosa la natura, e discolpando gli uomini totalmente, rivolge l odio, o se non altro il lamento, a principio più alto, all origi ne vera de mali de viventi . 125 madre matrigna: la natura è madre perché fa nascere le sue creature, matri gna perché se ne disinteressa appena es se sono al mondo. Spiega Leopardi nel lo Zibaldone (11 marzo 1826): «L uomo (e così tutti gli altri animali) non nasce per goder della vita, ma solo per perpetua re la vita, per comunicarla ad altri che gli succedano, per conservarla. [ ] il vero e solo fine della natura è la conservazione delle specie, e non la conservazione né la felicità degl individui . L AUTORE / 115

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