Classe di letteratura - volume 3B

Glossario sottintendere (per esempio, il verbo) conferendo all enunciato più concisione ed efficacia. Esempio: «Il sole, in alto, e un secco greto (E. Montale, Gloria del disteso mezzogiorno, v. 5). Emistichio Nella metrica classica, ciascuna delle 2 parti in cui il verso viene diviso dalla cesura . Nella metrica medievale e moderna, la prima o la seconda metà di un verso divisibile in due (come, per es., l alessandrino). Endecasillabo Verso composto di 11 sillabe, il più importante e vario della tradizione poetica italiana per le sue molteplici soluzioni metriche (in base al numero degli accenti e delle pause); di largo impiego nel poema in terzine (Dante, che lo definì superbissimum carmen) e in ottave (L. Ariosto, T. Tasso), nella poesia tragica, nel sonetto o, alternato al settenario , nella canzone antica e leopardiana. Le origini risalgono alla poesia dei primi siciliani (fine XII sec.), che probabilmente lo ripresero dai poeti provenzali. Gli accenti ritmici possono essere disposti in modo vario; l unica costante è l accento fisso sulla 10ª sillaba. Nella varietà delle configurazioni, si presentano con maggiore frequenza gli schemi con accento sulla 4ª sillaba e con accento sulla 6ª sillaba: l e. risulta diviso in 2 membri o emistichi e prende il nome, nel primo caso, di e. a minore («sì che l piè férmo // sempre era l più bàsso , Dante, Inferno, I, 30), nel secondo, di e. a maiore («l amor che move il s le // e l altre stélle , Dante, Paradiso, XXXIII, 145). Endiadi Figura retorica per cui un concetto viene espresso con due termini coordinati, di solito due sostantivi al posto di un sostantivo determinato da aggettivo o complemento di specificazione. Esempi: «di ceneri e di pomici e di sassi / notte e ruina (G. Leopardi, La ginestra, vv. 215-216), cioè tenebrosa rovina ; «quando, stagliate dentro l oro e il fuoco (G. Pascoli, I puffini dell Adriatico, v. 12), a significare sullo sfondo di una luce brillante . Enjambement Superamento logico e sintattico del limite ritmico del verso, ottenuto con la collocazione nel verso successivo di un termine strettamente connesso ad altro del precedente. Mentre poeti come Dante tendono a far coincidere l unità metrica del singolo verso con l unità sintattica e concettuale di una frase, di modo che ogni singolo verso abbia un significato compiuto e autonomo, a partire dal Cinquecento e sempre più spesso nell Otto e Novecento, i poeti spezzano i nessi unitari, sia per dare maggiore rilievo a singoli elementi dei versi, sia per creare una più intensa fluidità ritmica che modifichi la rigida e monotona scansione dei versi. Esempi: «Le si arruffano al vento / le piume, il collo china / per bere (U. Saba, A mia moglie, vv. 3-5); «era l incartocciarsi della foglia / riarsa (E. Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato, vv. 4-5). Enumerazione L atto, il fatto di enumerare; enunciazione ordinata e puntuale di una serie di cose. Nella retorica classica, la parte di un orazione in cui si richiamano ordinatamente gli argomenti precedentemente enunciati. Esempio: «Roma era il suo grande amore: non la Roma dei Cesari ma la Roma dei Papi; non la Roma degli Archi, delle Terme, dei Fòri, ma la Roma delle Ville, delle Fontane, delle Chiese (G. d Annunzio, Il piacere, I, cap. 2). Epifora Nella retorica, figura speculare all anafora , consistente nella ripetizione di una o più parole alla fine di enunciati. Esempi: «Certo alla schiuma, alla marina schiuma ; «anche alle nubi, insensibili nubi (U. Saba, Ritratto della mia bambina, vv. 8 e 11). Epigramma Breve componimento in versi sorto originariamente come iscrizione, soprattutto funeraria, poi componimento mirante a fermare il ricordo di una vita, di un impresa, di un offerta, ha infine assunto, già tra i Greci e i Romani, il tono e il carattere che ha conservato nelle letterature moderne, di arguzia ironica e mordace, talora caricaturale, in cui l ispirazione morale, sociale o politica si traduce spesso in un rapido e vivace ritratto o quadretto. Esametro Verso tradizionale dell epopea greca e romana da Omero in poi, usato però anche nella poesia religiosa (oracoli e inni), nella didascalica e, unito con il cosiddetto pentametro elegiaco, nella poesia elegiaca (distico elegiaco). L e. si trova alternato con il dimetro giambico già in Archiloco e poi in epodi di Orazio. Si ebbero vari tipi di e. secondo la disposizione degli spondei rispetto ai dattili; tra i più noti: e. spondaico, se il 5° piede è spondeo; e. periodico, se alterna dattili e spondei; e. saffico, frequente in Saffo, se ha lo spondeo all inizio e in fine; e. olodattilo, se formato tutto di dattili; e. olospondaico, se tutto di spondei. Nell e. greco le cesure più comuni sono: la cesura pentemimera, la cesura trocaica, la eftemimera. L e. latino, introdotto da Ennio, ha prevalenza di spondei, rigetta la cesura trocaica, preferisce la pentemimera. Con Virgilio l e. di stile severo raggiunge la perfezione anche per la tecnica delle regole sulla fine del verso. Nell e. medievale la cesura pentemimera diventa quasi esclusiva e spesso viene introdotta la rima . Nella metrica italiana cosiddetta barbara il ritmo dell e. è generalmente riprodotto con un settenario più un novenario . Esempio: «Lenta fiocca la neve // pe l cielo ciner o: gridi (G. Carducci, Nevicata, v. 1). F Fabula Termine equivalente all italiano favola ma conservato nell uso filologico e letterario nel significato di rappresentazione drammatica , soprattutto per indicare i vari tipi di commedia e tragedia dell età romana. Nella critica formalistica, il complesso dei materiali di una narrazione, analizzati in successione rigorosamente logico-temporale, indipendentemente dalla disposizione in cui l autore ha voluto presentarli nell intreccio dell opera. Figura etimologica una figura retorica grammaticale e insieme semantica che consiste nell accostamento di due parole aventi la stessa radice. La f. e. rientra nella famiglia delle paronomasie , vale a dire di quelle espressioni che, poste nello stesso segmento 869

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Dalla Prima guerra mondiale a oggi