Classe di letteratura - volume 3B

DENTRO IL TESTO L attesa e il mistero I contenuti tematici Il poeta è in trepidante attesa, ma al tempo stesso afferma di non aspettare nessuno. In altre parole, non conosce ancora le caratteristiche e l identità di ciò che aspetta, pur sapendo che il suo arrivo è sicuro (ma deve venire, v. 14) e che sarà salvifico: sarà perdono (v. 19), certezza (vv. 21-22), ristoro (v. 23). Affinché l attesa si trasformi in presenza sono richieste perseveranza (verrà, se resisto, v. 15) e capacità di reagire allo sconforto e alle delusioni della vita, senza rinunciare alla ricerca spirituale. Negli ultimi due versi il poeta intuisce l approssimarsi della persona tanto attesa (verrà, forse già viene / il suo bisbiglio, vv. 25-26): la lirica, che si era aperta con un immagine di rapimento estatico, si chiude con un sospiro sommesso. Le valenze religiose Chi sta aspettando il poeta? Il testo può essere letto in chiave religiosa, come testimonianza del travaglio interiore che porterà l autore alla conversione; tale interpretazione è suggerita anche dal lessico di ascendenza cattolica che viene utilizzato soprattutto nella seconda parte del testo: perdono, tesoro, ristoro, pene. Del resto l idea di un avvento capace di sorprendere espressa nei vv. 17-18: verrà d improvviso, / quando meno l avverto richiama un celebre versetto del Vangelo di Matteo (24,44), che contiene un invito alla vigilanza nell attesa della futura venuta di Cristo: «Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell ora che non immaginate, viene il Figlio dell uomo . Amore e misticismo Alcuni critici, sulla base della biografia di Rebora, hanno invece ipotizzato che l occasione all origine di questa poesia fosse l esito negativo di una storia d amore: intorno al 1920 l autore era infatti in attesa che Lydia Natus, una pianista russa dalla quale si era separato dopo una relazione durata sei anni, tornasse da lui o comunque gli desse qualche notizia di sé. La lirica presenterebbe dunque l immagine di un innamorato in attesa che giunga un segnale dalla persona amata: un uomo sospeso tra il disinganno (dice di non aspettare nessuno) e la speranza di un ritorno che diventa sempre più certezza. Una tale interpretazione è riduttiva rispetto alla portata, ben più vasta, del componimento, ma è pur vero che una delle ragioni dell altezza di questo testo è legata alla capacità dell autore di parlare su due livelli diversi e intrecciati, quello religioso e quello umano. La struttura bipartita Una raffinata tessitura retorica Le scelte stilistiche Il componimento è spezzato, esattamente a metà (dopo i primi 13 versi, su un totale di 26), da una forte pausa segnata dalla congiunzione avversativa ma con cui si apre il v. 14. Se la prima parte è caratterizzata dal riproporsi di una sorta di refrain (non aspetto nessuno, vv. 4, 9, 13), nella seconda domina l anafora verrà, ripetuta ogni due versi (vv. 15, 17, 19, 21, 23, 25). La bipartizione del testo trova una giustificazione nello svolgimento del discorso: mentre la prima parte è tutta incentrata sul motivo dell attesa, nella seconda diventa sempre più vicina una presenza, seppure ancora indefinita e imprevedibile. I concetti sono espressi dall autore attraverso una serie di figure retoriche che moltiplicano il potere evocativo delle parole. Al v. 5 ombra accesa è un ossimoro: la stanza è buia, ma è al tempo stesso illuminata, forse dalla luce interiore dell anima del poeta, o forse dall approssimarsi della presenza divina. Al v. 8 polline di suono rappresenta una suggestiva metafora, per cui «il campanello sembra emanare delle particelle piccolissime di rumore (Giovannetti), giocata su una sorta di sinestesia: il suono (che si percepisce con l udito) viene reso attraverso l immagine del polline (la cui presenza si potrebbe cogliere invece tramite la vista). Al v. 11 stupefatte di spazio è un ipallage: a essere stupefatti non sono i muri della stanza in cui si trova il poeta, quanto il poeta stesso. Sul piano metrico va notata la rima deserto (v. 12) : avverto (v. 18) : certo (v. 21), che costituisce una sorta di climax ascendente, segnando il passaggio da una situazione di desolazione spirituale (ciò che il deserto evoca nella cultura ebraico-cristiana) all intuizione dell approssimarsi di un evento e, infine, alla certezza del suo compiersi. Ancora, ai vv. 22 e 24 troviamo un chiasmo (del suo e mio tesoro, [ ] delle mie e sue pene): la disposizione incrociata degli aggettivi possessivi sottolinea il senso di profonda comunione tra la dimensione umana e quella divina, propria della visione reboriana. 70 / DALLA PRIMA ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi