Classe di letteratura - volume 3B

intre cci CINEMA l intrusione del metafisico, dell autentico che distrugge, sconvolge, una vita interamente falsa che se può fare pietà, può anche avere dei momenti di autenticità nei sentimenti, per esempio, come nelle sue componenti fisiche . Dopo Porcile (1969, fiaba su due giovani che si ribellano alla famiglia e alle regole sociali e finiscono sbranati dagli animali), nel 1970 Pasolini trae dalla tragedia di Euripide Medea, scegliendo come interprete una donna-mito, la cantante lirica Maria Callas. Il film, dichiara il regista, «è il confronto tra l universo arcaico, ieratico, clericale [di Medea] e il mondo di Giasone, mondo al contrario razionale e pragmatico [ ]. Confrontato all altra civilizzazione, alla razza dello spirito , scatena una spaventosa tragedia. Tutto il dramma è riposto su questa opposizione di due culture . Dalla Trilogia della vita a Salò Rileggendo le fonti della grande novellistica, Pasolini gira la Trilogia della vita , gioiosa celebrazione del sesso. Con Il Decameron (1971) traspone nove novelle di Boccaccio illustrando il passato (in cui la miseria è compensata dalla libertà sessuale) senza intenti realistici, tanto che nel film lo stesso autore (nei panni di un allievo di Giotto) dice: «Perché realizzare un opera quando è bello sognarla soltanto? . Il procedimento è replicato nei Racconti di Canterbury (1972), messa in scena di otto novelle di Geoffrey Chaucer, e nel Fiore delle Mille e una notte (1974), che dà corpo a un esotico labirinto di sogni («La verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni , si dice all inizio). Dopo il trittico sulla libera espressione della sessualità come salutare eversione dell ordine costituito, Pasolini capisce che nel frattempo anche il sesso è stato fatto oggetto di una presunta liberazione da parte della falsa tolleranza del Potere, e decide di superare il comune senso del pudore ritraendo i lati dell erotismo più scioccanti e sgradevoli. un tentativo estremo per suscitare una reazione nel pubblico, ormai assuefatto alle novità imposte dall ideologia consumistica. Nasce così l ultima pellicola pasoliniana (uscita postuma), Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), luttuosa metafora del potere e interpretazione in chiave provocatoria di un celebre romanzo del Marchese de Sade (1740-1814). Il film è un accorata, terribile denuncia di quanto di irreparabile la moderna società dei consumi sta producendo in termini di distruzione di una cultura e di una identità popolari. Il regista racconta quel Potere autoritario, violento, repressivo, classista e razzista di cui parla negli interventi giornalistici tra il 1973 e il 1975 attraverso una grande raffigurazione metaforica, quella del fascismo storico della Repubblica di Salò: per Pasolini, infatti, la società del benessere corrisponde a un nuovo fascismo, ed è per questo che sceglie una tale ambientazione per parlare del presente. L autore spiega a cosa alludono il sesso violento e la ferocia gratuita che caratterizzano il film: «Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c è in Salò [ ] è anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. In altre parole è la rappresentazione (magari onirica) di quella che Marx chiama la mercificazione dell uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento) . W Un fotogramma del film Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). 686 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA

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Dalla Prima guerra mondiale a oggi