Classe di letteratura - volume 3B

Don Fabrizio riesce a farsi portare sul balcone, appoggiato al braccio di qualcheduno (r. 10) che stenta a riconoscere. Lo struggimento per la propria morte, che sente ormai imminente, si appunta sulle povere cose care (r. 27), cioè sugli oggetti più familiari: morire significa infatti distaccarsi dai propri beni materiali, che finiscono perciò per essere percepiti come estranei (gli sembrava una casa apparsa in sogno; non più sua, gli sembrava, rr. 29-30). Un amaro bilancio esistenziale Ripensando alla propria vita, il protagonista non trova nulla di particolare da rimproverarsi; non perché si sentisse innocente (r. 52), ma perché, consapevole dell inerzia e dell inettitudine con cui ha vissuto, ritiene che sia stata tutta la vita ad esser colpevole (r. 52). Il solo vero peccato, pensa don Fabrizio, è quello originale: non tanto quello di Adamo, ma forse, secondo una visione pessimistica dell esistenza, il fatto stesso di essere nati. Mentre il nipote Tancredi cerca di distrarre con chiacchiere futili lo zio morente, questi traccia un bilancio della propria vita, cercando di salvare le cose positive (le pagliuzze d oro dei momenti felici, r. 70): alcuni brevi momenti vissuti (prima e dopo il matrimonio e in occasione della nascita del figlio Paolo), la passione per le stelle, l amato Tancredi, i cani e la caccia. Ma finisce per concludere di aver vissuto pienamente soltanto una minima parte dei suoi settantatré anni (un totale di due tre al massimo, r. 117). L apparizione finale Al momento della morte, mentre attorno a don Fabrizio quasi tutti i parenti piangono, una figura femminile di una bellezza che incanta (di maliosa avvenenza, r. 133) si fa strada tra gli astanti per avvicinarsi a lui. Si tratta di una sorta di allucinazione, come già è accaduto più volte nel corso del romanzo: nella conclusione della Parte sesta, per esempio, Venere (il pianeta), «avvolta nel suo turbante di vapori autunnali , appariva a don Fabrizio come una donna «fedele con la quale egli vagheggiava «un appuntamento meno effimero . Ora quell aspirazione si concretizza, ma la figura che appare al protagonista è la morte (con le sembianze, forse, dell ideale femminile da sempre desiderato e mai posseduto): un paradosso con cui l autore sembra dire che in questa vita non è data quella pienezza di felicità che si può sperare di raggiungere soltanto in un altra dimensione. La distanza dai moduli veristi Le scelte stilistiche Il narratore alterna un punto di vista esterno, cui è affidato il racconto degli eventi, all introspezione psicologica del personaggio, che si realizza in sprazzi di monologo interiore e attraverso la tecnica del discorso indiretto libero (Più col gesto che con la voce, disse: «Via! via! . Voleva confessarsi. Le cose si fanno o non si fanno, rr. 47-48). Risulta da ciò evidente la distanza di Tomasi di Lampedusa dai moduli narrativi del Verismo (cui pure l autore può essere in parte accostato), poiché alla rappresentazione oggettiva tipica dell approccio verista subentra qui la soggettività di un personaggio che filtra la realtà attraverso la propria sensibilità personale. La chiave di lettura più corretta per il romanzo, dunque, è quella psicologica ed esistenziale, piuttosto che quella storica. VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE 1 Spiega il significato del seguente periodo: Aveva sonno davvero; ma trovò che cedere adesso al sopore era altrettanto assurdo quanto mangiare una fetta di torta subito prima di un desiderato banchetto (rr. 13-15). A che cosa allude il narratore con l espressione desiderato banchetto? 2 Perché, dopo l iniziale esitazione, don Fabrizio accetta di ricevere i sacramenti? 3 Quali sono i sentimenti del principe verso Tancredi? E quelli di Tancredi nei confronti dello zio? ANALIZZARE 4 Quale figura retorica è contenuta nella frase E se ne stava lì immerso nel grande silenzio esteriore, nello spaventevole rombo interno (rr. 15-16)? 5 Elenca i vocaboli che rimandano al campo semantico della morte. INTERPRETARE 6 Che cosa significa la frase (che esprime il punto di vista del piccolo Fabrizietto) chi moriva non era un uomo, era un nonno, il che è assai diverso (rr. 61-62)? 556 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA

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Dalla Prima guerra mondiale a oggi