T2 - La morte del Principe

IN BREVE Le opere minori Di Tomasi di Lampedusa sono state anche pubblicate, con il titolo di Racconti (1961), le prose narrative e le memorie d infanzia, stese anch esse nell ultimo periodo della sua vita. Questi testi, pur non raggiungendo la pienezza espressiva del Gattopardo, sono tuttavia illuminanti sulla genesi del mondo poetico dell autore. Postume sono apparse anche le raccolte di saggi Lezioni su Stendhal (1977), Invito alle lettere francesi del Cinquecento (1979) e Letteratura inglese: dalle origini al Settecento (1990). La morte del Principe / T2 / Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Parte settima / Un abbandono all assoluto / Siamo nel luglio del 1883. Accompagnato dalla figlia Concetta e dal nipote Fabrizietto, don Fabrizio, il principe di Salina, da tempo malato, si è recato in nave a Napoli per un consulto medico. Decide di tornare in treno a Palermo, dove lo aspettano la nuora (rimasta da poco vedova del marito Paolo), il nipote Tancredi e la moglie di quest ultimo, Angelica. Appena arrivato in stazione, il principe accusa uno svenimento, in seguito al quale viene condotto in un vicino albergo. Riportiamo le ultime pagine della Parte settima del romanzo, quasi interamente incentrata sul tema della morte. 5 10 15 20 Il cameriere entrò con una bacinella di acqua tiepida e una spugna, gli tolse la giacca e la camicia, gli lavò la faccia e le mani, come si lava un bimbo, come si lava un morto. La fuliggine di un giorno e mezzo di ferrovia rese funerea anche l acqua. Nella stanza bassa si soffocava: il caldo faceva lievitare gli odori, esaltava il tanfo delle peluches1 mal spolverate; le ombre2 delle diecine di scarafaggi che vi erano stati calpestati apparivano nel loro odore medicamentoso;3 fuori dal tavolino di notte i ricordi tenaci delle orine vecchie e diverse incupivano la camera.4 Fece aprire le persiane: l albergo era in ombra ma la luce riflessa dal mare metallico5 era accecante; meglio questo però che quel fetore di prigione; disse di portare una poltrona sul balcone; appoggiato al braccio di qualcheduno si trascinò fuori e dopo quel paio di metri sedette con la sensazione di ristoro che provava un tempo riposandosi dopo sei ore di caccia in montagna. «Di a tutti di lasciarmi in pace; mi sento meglio; voglio dormire . Aveva sonno davvero; ma trovò che cedere adesso al sopore era altrettanto assurdo quanto mangiare una fetta di torta subito prima di un desiderato banchetto. Sorrise. «Sono sempre stato un goloso saggio .6 E se ne stava lì immerso nel grande silenzio esteriore, nello spaventevole rombo interno. Poté volgere la testa a sinistra: a fianco di Monte Pellegrino si vedeva la spaccatura nella cerchia dei monti, e più lontano i due colli ai piedi dei quali era la sua casa; irragiungibile com era questa gli sembrava lontanissima; ripensò al proprio osservatorio, ai cannocchiali7 destinati ormai a decenni di polvere; al povero Padre Pirrone8 che era polvere anche lui; ai quadri dei feudi, alle bertucce del parato,9 al grande letto di rame nel quale era morta la sua Stelluccia;10 a tutte queste cose che 1 peluches: i velluti di sedie e divani. 2 ombre: macchie. 3 medicamentoso: acre e sgradevole co- me quello di certi medicinali. 4 fuori la camera: perché nello scomparto basso del comodino (tavolino di notte) si custodiva il vaso da notte. 5 metallico: che rifletteva la luce come fa una superficie metallica. 6 saggio: capace, cioè, di aspettare il momento giusto per la soddisfazione dei propri desideri di gola. 7 cannocchiali: una delle passioni del principe era l osservazione degli astri. 552 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA 8 Padre Pirrone: il cappellano di famiglia. 9 alle bertucce del parato: alle scimmie raffigurate sulle tappezzerie. 10 la sua Stelluccia: Maria Stella Màlvica, nobildonna palermitana moglie del principe.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi