T5 - Il diligente Adolf Eichmann (H. Arendt)

na insignificanza, e nella sua «terribile normalità . Quello che tutta la comunità internazionale giudicava come un mostro, un demone degno di una tragedia shakespeariana, un assassino feroce e sanguinario, si rivelava agli occhi della Arendt come un uomo senza idee, non del tutto capace di distinguere consapevolmente il bene dal male. La tesi suscita polemiche a non finire prima ancora che il volume sia pubblicato: polemiche a cui la Arendt risponde in un Appendice, di cui riproduciamo il passo saliente. Il diligente Adolf Eichmann / T5 / Hannah Arendt 5 10 15 20 25 30 Naturalmente, non c è dubbio che l imputato e le sue colpe, come pure il processo, sollevano problemi d ordine generale che vanno molto al di là delle questioni affrontate a Gerusalemme. Io ho cercato di approfondire alcuni di questi problemi nell Epilogo, dove il mio discorso non è più un semplice reportage. Non mi sarei affatto meravigliata se qualcuno avesse trovato insufficiente la mia trattazione, e sarei stata lieta se si fosse accesa una discussione su tutta la vicenda, discussione tanto più proficua quanto più legata ai fatti. Neppure mi sarei stupita se si fosse scatenata una polemica sul titolo del libro: perché, quando io parlo della banalità del male lo faccio su un piano quanto mai concreto. Eichmann non era né uno Iago né un Macbeth, e nulla sarebbe stato più lontano dalla sua mentalità che fare il cattivo come Riccardo III1 per fredda determinazione. Eccezione fatta per la sua eccezionale diligenza nel pensare alla propria carriera, egli non aveva motivi per essere crudele, e anche quella diligenza non era, in sé, criminosa; è certo che non avrebbe mai ucciso un suo superiore per ereditarne il posto. Per dirla in parole povere, egli non capì mai che cosa stava facendo. Fu proprio per questa mancanza d immaginazione che egli poté farsi interrogare per mesi dall ebreo tedesco che conduceva l istruttoria, sfogandosi e non stancandosi di raccontare come mai nelle SS non fosse andato oltre il grado di tenente-colonnello e dicendo che non era stata colpa sua se non aveva avuto altre promozioni. In linea di principio sapeva benissimo quale era la questione, e nella sua ultima dichiarazione alla Corte parlò di un riesame dei valori imposti dal governo nazista. Non era uno stupido; era semplicemente senza idee (una cosa molto diversa dalla stupidità), e tale mancanza d idee ne faceva un individuo predisposto a divenire uno dei più grandi criminali di quel periodo. E se questo è banale e anche grottesco, se con tutta la nostra buona volontà non riusciamo a scoprire in lui una profondità diabolica o demoniaca, ciò non vuol dire che la sua situazione e il suo atteggiamento fossero comuni. Non è certo molto comune che un uomo di fronte alla morte, anzi ai piedi della forca, non sappia pensare ad altro che alle cose che nel corso della sua vita ha sentito dire ai funerali altrui, e che certe frasi esaltanti 2 gli facciano dimenticare completamente la realtà della propria morte. Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza d idee possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell uomo. Questa fu la lezione di Gerusalemme. Ma era una lezione, non una spiegazione del fenomeno, né una teoria. 1 Iago Macbeth Riccardo III: si tratta di tre personaggi accomunati dalla malvagità e dal fascino del potere di tre dram- mi di William Shakespeare. 2 frasi esaltanti : l autrice si riferisce alle parole pronunciate dal condannato prima di essere giustiziato. PERCORSI NEL 900 / RACCONTARE LA SHOAH / 499

Classe di letteratura - volume 3B
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