D4 - Paolo Portoghesi, Una definizione di Postmoderno

DOCUMENTO 4 Una definizione di Postmoderno Paolo Portoghesi, Postmodern Paolo Portoghesi nasce a Roma nel 1931. Architetto e storico dell architettura, è uno dei più importanti sostenitori delle tendenze postmoderne in architettura. Laureatosi nel 1957, ha insegnato Storia della critica all Università La Sapienza di Roma (1962-1966) e Storia dell architettura presso il Politecnico di Milano (1967-1979). L autore Il fenomeno del Postmoderno non riguarda soltanto la letteratura ma, interessando il rapporto tra l artista e la società, si applica alle più svariate forme dell agire umano. Non sorprende, perciò, che una delle definizioni più acute sulla sua natura provenga da un architetto, Paolo Portoghesi, del cui saggio Postmodern (1982) riportiamo un passo. I tratti distintivi del Postmoderno sono la contaminazione, l eterogeneità e la pluralità. La contemporaneità deve rinunciare alle certezze, accontentandosi di assumere una visione frammentaria e contingente e di affermare ciò che non è più di ciò che è . caduta la fiducia nella possibilità di rinnovare la società: progettare in modo razionale e globale il futuro risulta ormai impossibile. Ma di che cosa si tratta con esattezza? possibile dare una definizione univoca del senso di questa parola così paradossale e irritante? possibile secondo me solo se si rinuncia a pensarla come una etichetta che designa cose omogenee e convergenti e si ammette che la sua utilità sta proprio nell aver consentito di mettere insieme provvisoriamente e paragonare tra loro cose diverse, nate però da un comune stato d animo di insoddisfazione nei confronti di quell insieme altrettanto omogeneo di cose che va sotto il nome di modernità. In altre parole il Postmoderno è rifiuto, rottura, abbandono, assai più di quanto non sia scelta di una direzione di marcia. Per definirlo poeticamente si potrebbero adottare i celebri versi di Montale: «Non chiederci la parola che mondi possa aprirti Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo . E ciò che molti oggi non vogliono più è il moderno invecchiato, quell insieme di formule che hanno acquistato nel secondo decennio di questo secolo la rigidezza e la chiarezza di una specie di statuto in cui sono raccolte leggi generali che non possono essere disattese. Questo statuto non è mai stato rimesso in discussione anche se il gusto si è rinnovato da allora più volte, in quanto il suo articolo principale era proprio l azzeramento delle tradizioni, l obbligo del rinnovamento, la teologia del nuovo, del diverso come valore autonomo. Questa garanzia perversa del rinnovamento perpetuo ha dato alla modernità le sembianze di un ombra inafferrabile, difficile da combattere perché pronta ad assumere forme e strategie sempre diverse. Ma alla fine un senso di disagio ha messo in crisi anche le certezze della modernità: il disagio degli uomini di cultura di fronte al bilancio dei suoi prodotti. Sessanta anni sono la vita di un uomo e come un uomo giunto a questo traguardo è portato a guardarsi indietro (e gli altri a giudicarlo), il processo al moderno si è profilato come una necessità fisiologica, come un traguardo irrimandabile per le nuove generazioni, almeno a partire dal 1968. 416 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA

Classe di letteratura - volume 3B
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Dalla Prima guerra mondiale a oggi