Marxismo e cultura in italia

| MARXISMO E CULTURA IN ITALIA | Il panorama culturale italiano e l egemonia comunista In Italia, in misura ancora maggiore che in Francia, le voci culturalmente più impegnate nella lotta politica sono attratte nell orbita del Partito comunista. Le ragioni di questa egemonia sono diverse. In primo luogo va considerato il diffuso desiderio di rinnovare le basi della cultura e della società italiane dopo il fallimento del liberalismo, rivelatosi inadeguato a far fronte all involuzione reazionaria dei primi decenni del Novecento. Importante è anche l influenza della propaganda sovietica, che riesce a trasmettere ideali di giustizia, di modernità e di progresso. Sul fronte politico opposto, infine, si registra un certo disinteresse nel mobilitare gli intellettuali: grande eco acquistano anzi i malcelati attestati di disprezzo che alcuni settori del potere democristiano riservano al ceto culturale (definito nel 1949 «culturame dal ministro degli Interni e futuro presidente del Consiglio Mario Scelba). La forza attrattiva del Pci Il Partito comunista riesce invece ad assorbire quasi tutte le diverse tendenze culturali dell antifascismo, anche quelle non esplicitamente di ascendenza marxista (si pensi alle posizioni ispirate al liberalismo di Gobetti e al socialismo liberale dei fratelli Rosselli), e a coinvolgere molti scrittori e intellettuali approdati al comunismo dopo una giovanile militanza fascista. Importanti letterati (Elio Vittorini, Vasco Pratolini, Italo Calvino), docenti universitari di chiara fama (il latinista Concetto Marchesi, il filosofo Antonio Banfi, l archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli, i critici letterari Carlo Salinari e Carlo Muscetta), artisti (Renato Guttuso) e cineasti (Luchino Visconti) conosciuti internazionalmente, sono tutti uniti nell idea di aggiornare la cultura italiana, rendendola accessibile al popolo. La difficile ricerca dell autonomia all interno del Partito comunista In alcuni casi, tuttavia, questo legame viene percepito come soffocante: il controllo esercitato dall apparato di partito, dipendente a sua volta dalle direttive del Cremlino, ostacola lo sviluppo autonomo di idee ed esperienze. Particolarmente significativa è la vicenda della rivista Il Politecnico (1945-1947), fondata e diretta da Elio Vittorini: essa riflette l entusiasmo per la recuperata libertà di espressione e si propone di contribuire a creare un sapere nuovo, orientato a sinistra ma attento a dialogare anche con le altre realtà culturali del paese. Lo stesso Vittorini, sul primo numero della rivista, dichiara di rivolgersi «a tutti gli intellettuali italiani che hanno conosciuto il fascismo. Non ai marxisti soltanto, ma anche agli idealisti, anche ai cattolici, anche ai mistici . Tale apertura prevede un tentativo di superare, sulla scorta delle indicazioni gramsciane, una cultura concepita come hortus conclusus (letteralmente giardino chiuso , luogo separato) rispetto alla società e alla storia: il titolo stesso della testata, richiamandosi all omonimo periodico diretto circa un secolo prima dal pensatore risorgimentale Carlo Cattaneo, evidenzia la volontà di costruire una cultura non accessoria, aperta a voci e influenze diverse, unite dall obiettivo di contribuire al progresso materiale e civile della società. Di qui l interesse per il pensiero scientifico e per la tecnologia, oltre che per la letteratura e la filosofia, all insegna di un approccio divulgativo che cerca di evitare ogni chiusura nello specialismo. La polemica Vittorini-Togliatti Questa ricerca di novità e di autonomia dalla politica culturale del Pci (a cui Vittorini era iscritto e di cui rappresentava uno degli intellettuali di punta) risulta però sgra- Togliatti durante un comizio del Pci, a Milano, nel 1956. 402 / IL SECONDO NOVECENTO E GLI ANNI DUEMILA

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi