IL CARATTERE - Una vita vissuta "al cinque per

M O N TA L E A M I L A N O Milano è la città dove Montale si trasferì nel 1948, dopo la parentesi fiorentina degli anni Trenta. E a Milano morì nel 1981, prossimo agli ottantacinque anni. Tra questi due estremi cronologici si svolge la vicenda dell intenso rapporto del poeta con la città meneghina, durato oltre tre decenni, città che egli ebbe a definire - con l intenzione di farle un complimento - «un enorme conglomerato di eremiti . Schivo e restìo alla mondanità, anche lui, in fondo, era un irriducibile eremita. Tuttavia, per la cerimonia del Nobel, si concesse il lusso di farsi cucire l abito dalla presitigiosa sartoria Caraceni: come i milanesi benestanti di un tempo. Montale nella sua casa a Milano, nel 1966. IL CARATTERE UNA VITA VISSUTA «AL CINQUE PER CENTO «La mia anima visse come diecimila , scrive d Annunzio in Maia. «Occorrono troppe vite per farne una , sembra ribattergli Montale in Estate, una poesia della raccolta Occasioni. Le personalità dei due poeti sono in effetti agli antipodi: se lo scrittore abruzzese stringe nel medesimo nodo vita e letteratura, Montale considera l arte come alternativa alla vita, una sorta di risarcimento per chi non sa stare al mondo. In una poesia scritta in vecchiaia, Per finire, raccomanda addirittura ai posteri di fare «un bel falò di tutto che riguardi / la mia vita, i miei fatti, i miei nonfatti , convinto di lasciare ben poco da ardere: «Vissi al cinque per cento , dice. E di fatto la sua è una biografia priva di fatti eclatanti, contrassegnata da quella ruvida tenacia che in gioventù lo spinge a costruirsi da autodidatta una vasta cultura, con la quale sottrarsi a un tranquillo avvenire borghese, nel commercio magari, o in un ufficio, sfruttando il diploma di ragioniere. D altra parte guarderà sempre con diffidenza all immagine tradizionale del poeta vate, portatore di messaggi ideologici, individuo eccezionale in un mondo meschino. Un riserbo imperscrutabile Con il suo carattere schivo, scettico, riservato, Montale rinuncia sistematicamente a descrivere sé stesso: «Non sono in grado di scrivere nulla su di me, né tanto meno per il popolo. Le mie poesie sono funghi nati spontaneamente in un bosco; sono stati raccolti, mangiati. C è chi li ha trovati velenosi, mentre altri li hanno detti commestibili. Il bosco [ ] non era vergine; era stato concimato da molte esperienze e letture . Indro Montanelli, il celebre giornalista che con lui condivise una stanza alla redazione del Corriere della Sera , scrisse che «sul suo volto chiuso la cordialità scivola via come acqua su una lastra di marmo. Il suo sguardo cupo e astratto non tradisce emozioni, sentimenti di sorta. Può fissarti per un ora di seguito, e non riuscirai mai a capire se sta cercando sul tuo volto una liscia superficie per accarezzarla o l incavo più adatto ad appoggiarvi la canna della rivoltella . Anche in gioventù, quando siede al leggendario caffè fiorentino Giubbe Rosse, pare agli amici che un vetro invisibile lo separi da loro. A tratti Montale interrompe i lunghi silenzi con una mezza frase o una battuta, spesso «a base di senape e pepe , come scrive Carlo Emilio Gadda. In rare occasioni, quando si sente del tutto a suo agio, ama accennare arie d opera, con quella voce da baritono su cui da ragazzo aveva sperato di costruirsi una carriera di cantante. L AUTORE / EUGENIO MONTALE / 249

Classe di letteratura - volume 3B
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Dalla Prima guerra mondiale a oggi