T1 ANALISI ATTIVA - Lavorare stanca

T1

Lavorare stanca

Lavorare stanca

Nella poesia che dà il titolo alla sua prima raccolta poetica, l’autore esprime il doloroso contrasto tra il senso della propria solitudine e il desiderio, sempre frustrato, di uscirne.


METRO Versi liberi.
 Asset ID: 120871 (let-altvoc-lavorare-stanca-lavora240.mp3

Audiolettura

Traversare una strada per  scappare di casa
lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira
tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo
e non scappa di casa.

                                          Ci sono d’estate
5      pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese
sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge
per un viale d’inutili piante, si ferma.
Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?
Solamente girarle, le piazze e le strade
10    sono vuote. Bisogna fermare una donna
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte
c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi
e racconta i progetti di tutta la vita.

15    Non è certo attendendo nella piazza deserta
che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade
si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,
anche andando per strada, la casa sarebbe
dove c’è quella donna e varrebbe la pena.
20   Nella notte la piazza ritorna deserta
e quest’uomo, che passa, non vede le case
tra le inutili luci, non leva più gli occhi:
sente solo il selciato, che han fatto altri uomini
dalle mani indurite, come sono le sue.
25   Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada
che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa.

 >> pagina 516 

ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

La fuga da casa, il vagabondare, il contatto con la natura, il rifiuto di un lavoro che costringe la persona entro meccanismi alienanti sono possibili – dice Pavese – soltanto quando si è giovani. Ma il personaggio della poesia non è più un ragazzo, bensì un uomo. L’età adulta comporta responsabilità alle quali non ci si può sottrarre, per esempio quella di formare una famiglia (Bisogna fermare una donna / e parlarle e deciderla a vivere insieme, vv. 10-11). Diversamente la solitudine a cui l’uomo si condanna diventa un angosciante rovello interiore (Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?, v. 8). D’altra parte l’esigenza di comunicare con gli altri è insopprimibile, come indica l’immagine dell’ubriaco che nella notte si mette a parlare con gli sconosciuti (lo sbronzo notturno che attacca discorsi, v. 13). La soluzione sarebbe dunque quella di accettare, anzi di cercare l’amore di una donna, perché non è giusto restare sulla piazza deserta (v. 25), ma questa condizione sentimentale non sembra facile da conseguire (nonostante l’affermazione di tale possibilità con l’avverbio certamente, v. 26): la felicità familiare rimane così un obiettivo non raggiunto e sostanzialmente irraggiungibile.

1. Quale differenza “esistenziale” passa tra la fuga di casa del ragazzo e quella dell’uomo?

2. Come viene descritto l’uomo ai vv. 21-22? perché, secondo te?

3. La donna di cui parla il componimento è, secondo te, una figura reale, che il vagabondo ha davvero osservato nel suo girovagare, o una personificazione dei suoi desideri? Esponi le tue considerazioni motivandole opportunamente.

Le scelte stilistiche

La lirica appare intessuta su alcune parole chiave che ritornano ossessivamente, quasi a segnalare i pensieri fissi dell’autore. Innanzitutto vanno evidenziati i termini che rimandano alla condizione di desolazione dell’uomo solo: le piazze sono vuote (v. 5; l’aggettivo è ripetuto al v. 10 in riferimento anche alle strade); le piante e le luci sono inutili (vv. 7 e 22), in quanto «per gli altri un viale alberato, una piazza, un angolo della città hanno un significato perché legati a una vicenda sentimentale e umana (colloqui, incontri)», mentre per il poeta «tutto è uguale e anonimo» (Guglielmino); la piazza è deserta (vv. 15 e 25). Si noti poi la ripetizione dell’aggettivo solo (presente due volte al v. 8 e una al v. 12, riecheggiato anche dall’avverbio solamente, v. 9), su cui si incardina il motivo principale della poesia.

4. Nel componimento è presente una sorta di narrazione cronologica: da quali elementi lo capisci?

5. La vicenda e le riflessioni del vagabondo assumono un valore universale grazie all’uso di formule ed espressioni impersonali: quali?

Accanto ai vocaboli che appartengono alle aree semantiche della solitudine e dell’insensatezza, troviamo però due parole-immagine di segno positivo: la donna (vv. 10; 19; 26) e la casa (vv. 18; 21, al plurale; 27). La figura femminile rappresenta quella alterità che consente all’uomo di uscire da sé stesso, e la casa l’approdo a un’esistenza caratterizzata dalla comunicazione e dall’apertura alla vita.

6. Per quale motivo, secondo te, le parole casa e donna (o una loro equivalente) sono spesso associate (vv. 10-11, 18-19, 26-27)?

7. La parola casa apre e chiude il componimento: per quale motivo, secondo te? Che differenza c’è tra la casa menzionata al v. 1 e quella del v. 27?

8. DIBATTITO IN CLASSE Il tema della solitudine e del desiderio frustrato di uscirne è centrale nella poetica di Pavese; nel Mestiere di vivere, per esempio, si legge: «Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con altri». Ti capita mai di provare gli stessi sentimenti dell’autore? Credi che sia una condizione universale dell’essere umano o che la società in cui sei immerso acuisca questa condizione? Discutine in classe.

Classe di letteratura - volume 3B
Classe di letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi