La barchetta di Montale (Giorgio Ficara)

PALESTRA DI SCRITTURA

La barchetta di Montale

Il critico Giorgio Ficara (n. 1952) riflette, a partire da Montale, sul posto della poesia nella società di oggi.

Il pubblico della poesia e della critica, in Italia, è scomparso. Poeti e critici vagano
nel nostro paese come sonnambuli che la gente scansa, incredula. A che serve la
poesia? Come potrebbe sopravvivere nel mondo dell’informazione? Le stesse domande
che Montale poneva urbi et orbi1 nel discorso del Nobel (1975) trovano
5      oggi una risposta chiara nei “niente” e “in nessun modo” che echeggiano da un
ministero a un’aula di scuola a un programma tv. Il sogno di De Sanctis2 – una
società progredita o progressiva in un grande racconto di sé – che è stato, pur traumaticamente,
lo stesso sogno di Montale, è oggi infranto. E la poesia, anche quella
dei poeti laureati, si è nascosta nelle catacombe, in attesa che qualcosa cambi.
10    Ma che cosa è accaduto? Perché la poesia è diventata un gesto che non ci riguarda?
Montale, già all’epoca degli Ossi, in uno dei suoi Sarcofaghi ci dice che il
fuoco del caminetto “verdeggia” in “un’aria oscura”: cioè che l’umanità si raffredda,
l’“uomo umano” patisce e intristisce nel mondo “meccanico” dell’informazione.
Difensore ironico, ma intransigente, della continuità umanistica di fronte alla
15    disumanizzazione dell’arte e al male sociale che ne consegue, Montale oppone i
suoi no all’ingranaggio globale.
L’individuo pensante e poetante è per lui la sola alternativa all’indecisione,
poi allo spegnimento di quel focherello nel camino e in definitiva alla tenebra. Il
poeta soleil couchant3 di Baudelaire è per lui l’artefice che umanamente, con il suo
20    calore residuo e insufficiente, disegna figure angeliche “sullo sfondo di una guerra
cosmica e terrestre, senza scopo e senza ragione”: l’irrequieta Clizia della Bufera,
ad esempio, la cui fronte “si confonde con l’alba”. (La stessa angelica Clizia, nel
mottetto XV delle Occasioni, visita il poeta “al primo chiaro” e “al primo buio”. È
l’angelo che rende non angelica ma umana la giornata di un uomo incerto, annoiato,
25    malinconico: intreccia mattino e sera con il suo “refe”.4 E “umano” è la parola
chiave che la critica in genere ha sottovalutato, in Montale, preferendo parlare
di “egologia5 negativa” – Sanguineti – o “ironia diminutiva” – Luzi – o “congenita
impotenza” – Zanzotto).6
Poeta e “umano” è pure il dandy utopista che protesta contro la disarmonia
30    storica e il cui gesto “implica sfiducia e insieme ottimismo, disperazione e fede
nel destino individuale”. Ma è soprattutto chi, pur ineluttabilmente attratto verso
l’oscurità e l’aria che grava, presta le sue cure al mondo: il viandante (viator)7 che
aggiunge all’esigua e indecisa fiamma di quel focolare un ramo o una pigna, e riprende
poi il suo cammino. La poesia stessa è essenzialmente pietà e comprensione: 
35    lo sanno il giovanissimo Montale spiritualista e contingentista8 del Quaderno
genovese e degli Ossi di seppia (lettore di Boutroux, di Šestov)9 e il vecchio Montale
scettico del Quaderno di quattro anni.
Se la vita umana è stupida come il “sonno dell’abbandonato”, priva di segni,
segreti, miracoli, fini ultimi, smagliature nella rete che ci stringe, se è precisamente
40    l’idiozia di cui parla l’amato Flaubert, la poesia è il paradosso che rende intelligente
la vita. Nonostante il suo leggendario understatement, Montale parla chiaro: la vita
da sola, da sé, senza la poesia e i poeti (e il loro antico ruolo sociale), è simile a
quella del vecchio “abbandonato” accanto al focolare freddo: un doloroso, sordo
non senso. E quando, nel discorso del Nobel, si chiede: “È ancora possibile la
45    poesia?” la risposta, dalla logica stringente, è affermativa: “Inutile chiedersi quale
sarà il destino della poesia. È come chiedersi se l’uomo di domani, di un domani
magari lontanissimo, potrà risolvere le tragiche contraddizioni in cui si dibatte
dal primo giorno della Creazione.” Come dire: la poesia durerà finché durerà la
pena degli uomini. (D’altra parte, se la pena non ci fosse, non sarebbe possibile
50    la poesia.)
Questa cosa che non ci riguarda più, in quanto collettività e nazione, per
Montale è inscindibilmente legata al concetto stesso di umanità. Nell’Epigramma
dedicato a Camillo Sbarbaro, vediamo una barchetta di carta che un bambino
“affida alla fanghiglia mobile d’un rigagno”: il bambino è il poeta che scrive i suoi
55    versi-barchette e li consegna al mondo-ruscello. Il bastone di un “galantuomo che
passa” deve poi guidarli al sicuro, a un “porticello di sassi”. La poesia, dunque, è
un bene di tutti, cui tutti contribuiscono. È una nota che deve centuplicarsi in noi
con reti di risonanze ed echi “che rappresentano la sostanza dell’arte stessa”. È il
principio di qualcosa che si compie nella lettura, e non si compie mai del tutto in
60    una sola lettura. Noi stessi siamo o dovremmo essere la sua dimora, il suo “porticello
di sassi”.
Il punto è indovinare se ci siano o ci saranno ancora galantuomini come quello
che passa, o passava, nell’Epigramma di Montale.

(Giorgio Ficara, Lettere non italiane, Bompiani, Milano 2016)

 >> pagina 320 

COMPRENSIONE E INTERPRETAZIONE

1 Il titolo del brano è dell’autore: come possiamo spiegarne il significato?

2 Qual è la più ampia tesi sottesa al testo, al di là della riflessione sulla figura e sull’opera di Montale? In quale punto del brano la troviamo formulata?

3 Qual è stato il “sogno” che ha unito Montale a De Sanctis? Che cosa ne è stato dopo di loro?

4 Perché per Montale sono importanti la poesia e il ruolo dei poeti?

5 Nel testo di Ficara sono presenti diverse immagini tratte dalle poesie di Montale. Sei in grado di individuarne qualcuna?

RIFLESSIONI E COMMENTO

Il mondo “meccanico” dell’informazione – quello in cui viviamo oggi – viene descritto da Ficara come antitetico alla poesia. Ritieni anche tu che la poesia sia diventata un gesto che non ci riguarda (rr. 10-11)? Oppure essa può trovare ancora spazio nella società contemporanea? Rispondi in una trattazione continua che affronti, tra l’altro, almeno 3 delle seguenti questioni:
• che cos’è per te la poesia? come può essere definita?
• secondo te, quali sono le caratteristiche, sul piano tecnico e contenutistico, che deve possedere un testo per potersi dire “poetico”?
• qual è il ruolo dei social network nella diffusione della poesia?
• che rapporto esiste tra poesia e canzone? quali analogie e quali differenze?
• personalmente, leggi poesia? se sì, quale (classica, contemporanea, italiana, straniera ecc.)? se no, perché?
• conosci alcuni nomi di poeti viventi, italiani o stranieri? hai letto qualche loro testo?
• hai mai scritto poesie? hai amici che lo fanno?

Classe di letteratura - volume 3B
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