T1 - I limoni

T1

I limoni

Ossi di seppia

Scritta all’inizio degli anni Venti, la poesia costituisce una fondamentale dichiarazione di poetica, sottolineata dalla sua collocazione in apertura della raccolta (dopo la lirica introduttiva In limine). Montale cerca il suo sentiero letterario lungo gli umili fossi della Liguria. Alle piante dai nomi rari predilette dai poeti laureati egli contrappone i domestici limoni, il cui colore acceso di sole e l’odore penetrante sono in grado di suggerire il senso più profondo della realtà.


METRO 4 strofe polimetriche di varia misura, con prevalenza di endecasillabi. Fitto il gioco delle rime e delle assonanze.
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Audiolettura

Ascoltami, i poeti ▶ laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
5      fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
10    e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
15    e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
20    qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
25    talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
30    Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
35    in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
40    La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
45    ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nonostante la contiguità geografica, la campagna mediterranea ritratta negli Ossi di seppia è del tutto diversa dal litorale toscano di Alcyone. Poesie come I limoni sostituiscono lo splendido scenario in cui esplode il panismo dannunziano con un luogo umile, privo di suggestioni, fatto di erbosi / fossi (vv. 4-5), pozzanghere / mezzo seccate (vv. 5-6) in cui vive qualche sparuta anguilla (v. 7), viuzze e ciglioni (v. 8), ciuffi delle canne (v. 9) e orti (v. 10). Nel rappresentare un angolo delle Cinque Terre (la zona nei pressi di La Spezia dove trascorse in gioventù le sue estati), Montale avrebbe potuto insistere sulle spiagge, o sulle spettacolari scogliere. Preferisce invece retrocedere dalla costa all’immediato entroterra: è su questi umili paraggi che egli proietta il suo lucido atteggiamento verso l’esistenza, che non ha nulla della rassegnazione incline al patetico propria dei poeti crepuscolari. Il sentimento di infelicità e disarmonia non induce infatti il poeta a chiudersi in sé stesso né ad abbandonarsi al lamento. Egli sembra invece appagarsi di un momento di sospensione, aiutato dalla natura: tacciono gli uccelli, l’aria è ferma, si diffonde l’odore inconfondibile dei limoni.

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Ora è possibile intravedere una via d’uscita dall’inganno consueto del mondo: uno sbaglio di Natura, / il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, / il filo da disbrogliare che finalmente ci metta / nel mezzo di una verità (vv. 26-29). Montale non pretende di afferrare “la” verità, ma una verità qualsiasi, purché verità: anche quella di una misteriosa presenza, trascendente e divina, nascosta magari nella semplice quotidianità. Anche questa possibilità è però un’illusione provvisoria, ben presto destinata a svanire nella banalità di sempre, che cancella l’attesa di un’epifania. La parentesi si chiude, e – come accade in un altro capolavoro, Arsenio ( T9, p. 287) – la grigia realtà torna in primo piano, nel brusco passaggio dall’estate campestre alle città rumorose (v. 38) dove l’azzurro del cielo fa capolino solo a tratti, fra i cornicioni delle case, e il sole lascia il campo alla pioggia e al soffocante tedio dell’inverno (v. 41). Privata della luce e della calma necessaria alla riflessione, l’anima diventa amara (v. 42). Ma resta ancora uno spiraglio di felicità: un’illusione fugace nuovamente affidata alla visione dei limoni, che occhieggiano da un malchiuso portone (v. 43) e alludono a un «miracolo» ancora possibile.

Le scelte stilistiche

Sin dall’incipit Montale adotta il tono “confidenziale” che percorre l’intero componimento: l’appello a un “tu” indeterminato, tramite l’imperativo Ascoltami (v. 1), è ripreso dal Vedi che introduce la terza strofa (v. 22), secondo un modulo ricalcato quasi alla lettera sulla Pioggia nel pineto di d’Annunzio. Il poeta rinuncia alle pose impostate care ai maestri della generazione precedente; ricorre alla prima persona soltanto in un’occasione, per dichiarare la sua inclinazione verso i contesti umili, rimarcata dalla spiccata colloquialità dell’enunciazione: Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi / fossi (vv. 4-5).
A partire dalla seconda strofa si passa decisamente al collettivo “noi” (noi poveri, ci metta, ci riporta, ci si mostrano, ci scrosciano), alternato a forme impersonali (si ascolta, si vede ecc.): non si tratta più di far cadere dall’alto la parola illuminante di un vate, ma di coinvolgere un lettore-fratello perché acquisisca consapevolezza di una realtà comune.

La scelta di concentrarsi su elementi della quotidianità è accentuata dalla semplicità della sintassi, che non indulge agli effetti di frammentazione tipici dei poeti di area vociana e non rinuncia, come i Futuristi e come il primo Ungaretti, alla punteggiatura. Le proposizioni sono lineari; mancano subordinate complesse. L’ordine delle parole, a parte qualche anastrofe, è regolare e il lessico ha rare impennate (bossi ligustri o acanti, divertite, s’affolta).
Beninteso, l’intento di «torcere il collo» a modalità letterarie sentite come troppo rigide, rivendicato nell’Intervista immaginaria del 1946, non è dovuto a trascuratezza o a una mancata padronanza dei mezzi tecnici. Tutt’altro: Montale raggiunge l’obiettivo di un testo semplice e piano con raffinata abilità, facilmente riconoscibile se si guarda all’aspetto retorico, accuratamente studiato, in cui spiccano allitterazioni e paronomasie, a volte sin troppo esibite (avara – amara l’anima, v. 42), e la sinestesia che chiude il componimento, le trombe d’oro della solarità (v. 49).

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Assegna un titolo a ogni strofa del componimento.

2 Spiega l’immagine delle trombe d’oro della solarità.

ANALIZZARE

3 Trova i versi in cui il poeta insiste sulle percezioni sensoriali: prevale uno dei sensi oppure no? perché?

4 Perché, secondo te, l’odore dei limoni non sa staccarsi da terra (v. 16)?

5 Rileggi i vv. 18-21: quale immagine della vita umana emerge? E qual è la funzione dei limoni?

INTERPRETARE

6 Come è risolto il confronto tra città e campagna?

Classe di letteratura - volume 3B
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